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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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domenica 15 gennaio 2012

Le colpe dei cristiani del passato: non siamo tenuti a giustificarle. Purificazione della memoria

Le colpe dei cristiani del passato: non siamo tenuti a giustificarle. Purificazione della memoria

1.  Alcuni, nell’accostarsi alla parrocchia o a un’associazione religiosa, si pongono il problema della storia della Chiesa, nel corso della quale vennero compiute azioni, individuali e collettive, che oggi sarebbero punite come crimini contro l’umanità. Vengono in mente di solito le Crociate bandite dai Papi e la pluricentenaria polizia ideologica ecclesiastica costituita dall’organizzazione dell’Inquisizione, istituita dai Papi e durata, in varie forme, dal 13° al 19° secolo. Si esita a lasciarsi coinvolgere o ad aderire per il timore di dover poi sentirsi obbligati a giustificare quella parte della storia della cristianità che appare inaccettabile e addirittura contrastante con i principi religiosi. Ma, in realtà, oggi non solo i fedeli cattolici non sono obbligati a seguire quella strada, ma, al contrario, hanno il dovere di fare l’opposto e ciò come segno di conversione.
 In passato effettivamente tra i cattolici si tentò di giustificare in vario modo quei fatti, ricordando il contesto storico, le costumanze dell’epoca, la rettitudine delle intenzioni. Insomma, prevalse, nel considerare quelle vicende, l’apologetica, vale a dire la volontà di integrarle comunque nella storia di santità della Chiesa. Oggi il fedele cattolico non è più tenuto a farlo. Infatti, a partire dal 1998 (lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente) e, in particolare, durante il Grande Giubileo dell’Anno 2000, il Papa Giovanni Paolo II, richiamando l’autorità propria del suo ufficio, ha chiesto ai cattolici, come segno che attesta la fede e aiuta la devozione, di lavorare alla purificazione della memoria, che non significa “aggiustare” il ricordo dei  fatti del passato per  “armonizzarli” con la nostra idea di come si dovrebbe essere nella Chiesa, ma ricordare in spirito di verità quei fatti per distinguere tra essi, senza alcuna partigianeria ecclesiastica, quelli che sono un “controtestimonianza”, male secondo i principi evangelici, per distanziarcene, favorendo in tal modo la riconciliazione, e fare proposito di non ripeterli in futuro. Questo appello al metodo della purificazione della memoria non riguardò solo l’occasione di quel Giubileo, ma è una pronuncia autorevole del Magistero che vale tuttora.

2. E’ scritto nella lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente,  ai numeri 33-36:
“33. È giusto pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al termine, la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo.
La Chiesa, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: essa riconosce sempre come propri, davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli peccatori. Afferma al riguardo la Lumen gentium: « La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento ».(16)
La Porta Santa del Giubileo del 2000 dovrà essere simbolicamente più grande delle precedenti, perché l'umanità, giunta a quel traguardo, si lascerà alle spalle non soltanto un secolo, ma un millennio. È bene che la Chiesa imbocchi questo passaggio con la chiara coscienza di ciò che ha vissuto nel corso degli ultimi dieci secoli. Essa non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi. Riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e di coraggio che ci aiuta a rafforzare la nostra fede, rendendoci avvertiti e pronti ad affrontare le tentazioni e le difficoltà dell'oggi.
34. Tra i peccati che esigono un maggiore impegno di penitenza e di conversione devono essere annoverati certamente quelli che hanno pregiudicato l'unità voluta da Dio per il suo Popolo. Nel corso dei mille anni che si stanno concludendo, ancor più che nel primo millennio, la comunione ecclesiale, « talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti »,(17) ha conosciuto dolorose lacerazioni che contraddicono apertamente alla volontà di Cristo e sono di scandalo al mondo.(18) Tali peccati del passato fanno sentire ancora, purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel presente. È necessario farne ammenda, invocando con forza il perdono di Cristo.
In quest'ultimo scorcio di millennio, la Chiesa deve rivolgersi con più accorata supplica allo Spirito Santo implorando da Lui la grazia dell'unità dei cristiani. È questo un problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II sono state molte le iniziative ecumeniche intraprese con generosità ed impegno: si può dire che tutta l'attività delle Chiese locali e della Sede Apostolica abbia assunto in questi anni un respiro ecumenico. Il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei Cristiani è divenuto uno dei principali centri propulsori del processo verso la piena unità.
Siamo però tutti consapevoli che il raggiungimento di questo traguardo non può essere solo frutto di sforzi umani, pur indispensabili. L'unità, in definitiva, è dono dello Spirito Santo. A noi è chiesto di assecondare questo dono senza indulgere a leggerezze e reticenze nella testimonianza della verità, ma mettendo in atto generosamente le direttive tracciate dal Concilio e dai successivi documenti della Santa Sede, apprezzati anche da molti tra i cristiani non in piena comunione con la Chiesa cattolica.
Ecco, dunque, uno dei compiti dei cristiani incamminati verso l'anno 2000. L'avvicinarsi della fine del secondo millennio sollecita tutti ad un esame di coscienza e ad opportune iniziative ecumeniche, così che al Grande Giubileo ci si possa presentare, se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio. È necessario al riguardo - ognuno lo vede - uno sforzo enorme. Bisogna proseguire nel dialogo dottrinale, ma soprattutto impegnarsi di più nella preghiera ecumenica. Essa s'è molto intensificata dopo il Concilio, ma deve crescere ancora coinvolgendo sempre più i cristiani, in sintonia con la grande invocazione di Cristo, prima della Passione: « Padre ... siano anch'essi in noi una cosa sola » (Gv 17, 21).
35. Un altro capitolo doloroso, sul quale i figli della Chiesa non possono non tornare con animo aperto al pentimento, è costituito dall'acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità.
È vero che un corretto giudizio storico non può prescindere da un'attenta considerazione dei condizionamenti culturali del momento, sotto il cui influsso molti possono aver ritenuto in buona fede che un'autentica testimonianza alla verità comportasse il soffocamento dell'altrui opinione o almeno la sua emarginazione. Molteplici motivi spesso convergevano nel creare premesse di intolleranza, alimentando un'atmosfera passionale alla quale solo grandi spiriti veramente liberi e pieni di Dio riuscivano in qualche modo a sottrarsi. Ma la considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l'immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza. Da quei tratti dolorosi del passato emerge una lezione per il futuro, che deve indurre ogni cristiano a tenersi ben saldo all'aureo principio dettato dal Concilio: « La verità non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore ».(19)
36. Un serio esame di coscienza è stato auspicato da numerosi Cardinali e Vescovi soprattutto per la Chiesa del presente. Alle soglie del nuovo Millennio i cristiani devono porsi umilmente davanti al Signore per interrogarsi sulle responsabilità che anch'essi hanno nei confronti dei mali del nostro tempo. L'epoca attuale, infatti, accanto a molte luci, presenta anche non poche ombre.
Come tacere, ad esempio, dell'indifferenza religiosa, che porta molti uomini di oggi a vivere come se Dio non ci fosse o ad accontentarsi di una religiosità vaga, incapace di misurarsi con il problema della verità e con il dovere della coerenza? A ciò sono da collegare anche la diffusa perdita del senso trascendente dell'esistenza umana e lo smarrimento in campo etico, persino nei valori fondamentali del rispetto della vita e della famiglia. Una verifica si impone pure ai figli della Chiesa: quanto sono anch'essi toccati dall'atmosfera di secolarismo e relativismo etico? E quanta parte di responsabilità devono anch'essi riconoscere, di fronte alla dilagante irreligiosità, per non aver manifestato il genuino volto di Dio, a causa dei « difetti della propria vita religiosa, morale e sociale »? (20)
Non si può infatti negare che la vita spirituale attraversi, in molti cristiani, un momento di incertezza che coinvolge non solo la vita morale, ma anche la preghiera e la stessa rettitudine teologale della fede. Questa, già messa alla prova dal confronto col nostro tempo, è talvolta disorientata da indirizzi teologici erronei, che si diffondono anche a causa della crisi di obbedienza nei confronti del Magistero della Chiesa.
E quanto alla testimonianza della Chiesa nel nostro tempo, come non provare dolore per il mancato discernimento, diventato talvolta persino acquiescenza, di non pochi cristiani di fronte alla violazione di fondamentali diritti umani da parte di regimi totalitari? E non è forse da lamentare, tra le ombre del presente, la corresponsabilità di tanti cristiani in gravi forme di ingiustizia e di emarginazione sociale? C'è da chiedersi quanti, tra essi, conoscano a fondo e pratichino coerentemente le direttive della dottrina sociale della Chiesa.
L'esame di coscienza non può non riguardare anche la ricezione del Concilio, questo grande dono dello Spirito alla Chiesa sul finire del secondo millennio. In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum? È vissuta la liturgia come « fonte e culmine » della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium? Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari, l'ecclesiologia di comunione della Lumen gentium, dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l'autentico spirito del Vaticano II? Una domanda vitale deve riguardare anche lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. Le direttive conciliari - offerte nella Gaudium et spes e in altri documenti - di un dialogo aperto, rispettoso e cordiale, accompagnato tuttavia da un attento discernimento e dalla coraggiosa testimonianza della verità, restano valide e ci chiamano a un impegno ulteriore.”

3. L’espressione purificazione della memoria compare nella Bolla di Indizione del Grande Giubileo dell’anno 2000 Incarnationis mysterium:
“[…]
7. L'istituto del Giubileo nella sua storia si è arricchito di segni che attestano la fede ed aiutano la devozione del popolo cristiano.
[…]
11. …Il Popolo di Dio non mancherà poi di aprire la mente a riconoscere altri possibili segni della misericordia di Dio operante nel Giubileo. Nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente ne ho indicati alcuni che possono opportunamente servire a vivere con maggior intensità l'insigne grazia del Giubileo.(19) Li richiamo qui brevemente.
 Innanzitutto il segno della purificazione della memoria: esso chiede a tutti un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani. L'Anno Santo è per sua natura un momento di chiamata alla conversione. E' questa la prima parola della predicazione di Gesù, che significativamente si coniuga con la disponibilità a credere: « Convertitevi e credete al Vangelo » (Mc 1, 15). L'imperativo che Cristo pone è conseguenza della presa di coscienza del fatto che « il tempo è compiuto » (Mc 1, 15). Il compiersi del tempo di Dio si traduce in appello alla conversione. Questa, peraltro, è in primo luogo frutto della grazia. E' lo Spirito che spinge ognuno a « rientrare in se stesso » e a percepire il bisogno di ritornare alla casa del Padre (cfr Lc 15, 17-20). L'esame di coscienza, quindi, è uno dei momenti più qualificanti dell'esistenza personale. Con esso, infatti, ogni uomo è posto dinanzi alla verità della propria vita. Egli scopre, così, la distanza che separa le sue azioni dall'ideale che si è prefisso.
 La storia della Chiesa è una storia di santità. Il Nuovo Testamento afferma con forza questa caratteristica dei battezzati: essi sono « santi » nella misura in cui, separati dal mondo in quanto soggetto al Maligno, si consacrano a rendere il culto all'unico e vero Dio. Di fatto, questa santità si manifesta nelle vicende di tanti Santi e Beati, riconosciuti dalla Chiesa, come anche in quelle di un'immensa moltitudine di uomini e donne sconosciuti il cui numero è impossibile calcolare (cfr Ap 7, 9). La loro vita attesta la verità del Vangelo e offre al mondo il segno visibile della possibilità della perfezione. E' doveroso riconoscere, tuttavia, che la storia registra anche non poche vicende che costituiscono una contro-testimonianza nei confronti del cristianesimo. Per quel legame che, nel Corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto. Ma anche noi, figli della Chiesa, abbiamo peccato e alla Sposa di Cristo è stato impedito di risplendere in tutta la bellezza del suo volto. Il nostro peccato ha ostacolato l'azione dello Spirito nel cuore di tante persone. La nostra poca fede ha fatto cadere nell'indifferenza e allontanato molti da un autentico incontro con Cristo.
 Come Successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio (cfr 1 Re 8, 46). Si ripeta senza timore: « Abbiamo peccato » (Ger 3, 25), ma sia mantenuta viva la certezza che « laddove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5, 20).
 L'abbraccio che il Padre riserva a chi, pentito, gli va incontro sarà la giusta ricompensa per l'umile riconoscimento delle colpe proprie ed altrui, fondato nella consapevolezza del profondo vincolo che unisce tra loro tutti i membri del Corpo mistico di Cristo. I cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse. Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell'« amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori » (Rm 5, 5). Non mancheranno persone equanimi capaci di riconoscere che la storia del passato e del presente ha registrato e registra spesso nei confronti dei figli della Chiesa vicende di emarginazione, di ingiustizie e di persecuzioni.
 Nessuno in questo anno giubilare voglia escludersi dall'abbraccio del Padre. Nessuno si comporti come il fratello maggiore della parabola evangelica che si rifiuta di entrare in casa per fare festa (cfr Lc 15, 25-30). La gioia del perdono sia più forte e più grande di ogni risentimento. Così facendo, la Sposa brillerà dinanzi agli occhi del mondo di quella bellezza e santità che provengono dalla grazia del Signore. Da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all'adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli. Che attraverso l'umiltà della Sposa possa risplendere ancora di più la gloria e la forza dell'Eucaristia, che essa celebra e conserva nel suo seno. Nel segno del Pane e del Vino consacrati, Cristo Gesù risorto e glorificato, luce delle genti (cfr Lc 2, 32), rivela la continuità della sua Incarnazione. Egli rimane vivo e vero in mezzo a noi per nutrire i credenti con il suo Corpo e il suo Sangue.
  Lo sguardo, pertanto, sia fisso sul futuro. Il Padre misericordioso non tiene conto dei peccati dei quali ci siamo veramente pentiti (cfr Is 38, 17). Egli, ora, compie una cosa nuova e nell'amore che perdona anticipa i cieli nuovi e la terra nuova. Si rinfranchi, dunque, la fede, cresca la speranza, diventi sempre più operosa la carità, in vista di un rinnovato impegno di testimonianza cristiana nel mondo del prossimo millennio.”

4.  Nell’anno 2000, la Commissione Teologica Internazionale, presieduta dall’allora cardinal J. Ratzinger, nel documento Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, ha osservato:
“La Bolla di indizione dell'Anno Santo del 2000 Incarnationis mysterium (29 novembre 1998) indica fra i segni " che possono opportunamente servire a vivere con maggiore intensità l'insigne grazia del giubileo " la purificazione della memoria. Questa consiste nel processo volto a liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza, che l'eredità di colpe del passato può avervi lasciato, mediante una rinnovata valutazione storica e teologica degli eventi implicati, che conduca - se risulti giusto - ad un corrispondente riconoscimento di colpa e contribuisca ad un reale cammino di riconciliazione. Un simile processo può incidere in maniera significativa sul presente, proprio perché le colpe passate fanno spesso sentire ancora il peso delle loro conseguenze e permangono come altrettante tentazioni anche nell'oggi.
  In quanto tale, la purificazione della memoria richiede " un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani ", e si fonda sulla convinzione che " per quel legame che, nel corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio, che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto ". Giovanni Paolo II aggiunge: " Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi davanti a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli ". Nel ribadire, poi, che " i cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse ", il Papa conclude: " Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell''amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori' (Rm 5,5) ".
[…]
…nell'intera storia della Chiesa che non si incontrano precedenti richieste di perdono relative a colpe del passato, che siano state formulate dal Magistero.
[…]
  Non solo Giovanni Paolo II rinnova il rammarico per le " dolorose memorie " che scandiscono la storia delle divisioni tra i cristiani, come avevano fatto Paolo VI e il Concilio Vaticano II,(18) ma estende anche la richiesta di perdono a una moltitudine di fatti storici nei quali la Chiesa o singoli gruppi di cristiani sono stati implicati a titoli diversi.(19) Nella Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente (20) il Papa si augura che il Giubileo dell'Anno 2000 sia l'occasione per una purificazione della memoria della Chiesa da " tutte le forme di contro-testimonianza e di scandalo " succedutesi nel corso del millennio passato.(21)
  La Chiesa è invitata a " farsi carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli ". Essa " riconosce sempre come propri i figli peccatori ", e li incita a " purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi ".(22) La responsabilità dei cristiani nei mali del nostro tempo è parimenti evocata,(23) anche se l'accento cade particolarmente sulla solidarietà della Chiesa d'oggi con le colpe passate, di cui alcune sono esplicitamente menzionate, come la divisione tra i cristiani,(24) o i " metodi di violenza e di intolleranza " utilizzati nel passato per evangelizzare.(25)
[…]
  La Chiesa è una società viva che attraversa i secoli. La sua memoria non è solo costituita dalla tradizione che rimonta agli Apostoli, normativa per la sua fede e la sua stessa vita, ma è anche ricca della varietà delle esperienze storiche, positive o negative, che essa ha vissuto. Il passato della Chiesa struttura in larga parte il suo presente. La tradizione dottrinale, liturgica, canonica, ascetica nutre la vita stessa della comunità credente, offrendole un campionario incomparabile di modelli da imitare. Lungo tutto il pellegrinaggio terreno, però, il grano buono resta sempre inestricabilmente mescolato alla zizzania, la santità si affianca all'infedeltà e al peccato.(29) Ed è così che il ricordo degli scandali del passato può ostacolare la testimonianza della Chiesa d'oggi e il riconoscimento delle colpe compiute dai figli della Chiesa di ieri può favorire il rinnovamento e la riconciliazione nel presente.
[...]
  La Chiesa è santa perché, santificata da Cristo, che l'ha acquistata consegnandosi alla morte per lei, è mantenuta nella santità dallo Spirito Santo, che la pervade incessantemente: " Noi crediamo che la Chiesa è indefettibilmente santa. Infatti Cristo, Figlio di Dio, il quale col Padre e lo Spirito è proclamato 'il solo santo', ha amato la Chiesa come sua sposa e ha dato se stesso per lei, al fine di santificarla (cf. Ef 5,25s), e l'ha unita a sé come suo corpo e l'ha riempita col dono dello Spirito Santo, per la gloria di Dio. Perciò tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità ".(48) In questo senso, sin dalle origini i membri della Chiesa sono chiamati i 'santi' (cf. At 9,13; 1 Cor 6,1s; 16,1). Si può distinguere, tuttavia, la santità della Chiesa dalla santità nella Chiesa. La prima - fondata nelle missioni del Figlio e dello Spirito - garantisce la continuità della missione del popolo di Dio sino alla fine dei tempi e stimola ed aiuta i credenti a perseguire la santità soggettiva e personale. Nella vocazione che ciascuno riceve è invece radicata la forma di santità che gli è stata donata e che da lui si richiede, compimento pieno della propria vocazione e missione. La santità personale è in ogni caso proiettata verso Dio e verso gli altri ed ha perciò un carattere essenzialmente sociale: è santità 'nella Chiesa', orientata al bene di tutti.
  Alla santità della Chiesa deve dunque corrispondere la santità nella Chiesa: " I seguaci di Cristo, chiamati da Dio non secondo le loro opere, ma secondo il disegno della sua grazia e giustificati in Gesù Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta ".(49) Il battezzato è chiamato a divenire con tutta la sua esistenza ciò che è diventato in forza della consacrazione battesimale: e questo non avviene senza l'assenso della sua libertà e l'aiuto della Grazia che viene da Dio. Quando ciò avviene, si lascia riconoscere nella storia l'umanità nuova secondo Dio: nessuno diventa se stesso tanto pienamente, quanto il santo che accoglie il piano divino e con l'aiuto della Grazia conforma tutto il proprio essere al progetto dell'Altissimo! I santi sono in questo senso come delle luci suscitate dal Signore in mezzo alla sua Chiesa per illuminarla, profezia per il mondo intero.
3.3. La necessità di un continuo rinnovamento
  Senza offuscare questa santità, si deve riconoscere che a causa della presenza del peccato c'è bisogno di un continuo rinnovamento e di una costante conversione nel popolo di Dio: la Chiesa sulla terra è " adornata di una santità vera ", che però è " imperfetta ".(50) Osserva Agostino contro i Pelagiani: " La Chiesa nel suo insieme dice: Rimetti a noi i nostri debiti! Essa quindi ha delle macchie e delle rughe. Ma mediante la confessione le rughe vengono appianate, mediante la confessione le macchie vengono lavate. La Chiesa sta in preghiera per essere purificata dalla confessione, e finché vivranno gli uomini sulla terra essa starà così ".(51) E Tommaso d'Aquino precisa che la pienezza della santità appartiene al tempo escatologico, mentre la Chiesa peregrinante non deve ingannarsi, affermando di essere senza peccato: " Che la Chiesa sia gloriosa, senza macchia né ruga, è lo scopo finale verso cui tendiamo in virtù della passione di Cristo. Ciò si avrà pertanto solo nella patria eterna, e non già nel pellegrinaggio; qui [...] ci inganneremmo se dicessimo di non aver alcun peccato ".(52) In realtà, " sebbene rivestiti della veste battesimale, noi non cessiamo di peccare, di allontanarci da Dio. Ora, con la domanda 'Rimetti a noi i nostri debiti', torniamo a lui, come il figlio prodigo (cf. Lc 15,11-32), e ci riconosciamo peccatori davanti a lui, come il pubblicano (cf. Lc 18,13). La nostra richiesta inizia con la nostra 'confessione', con la quale confessiamo ad un tempo la nostra miseria e la sua misericordia ".(53)
  È pertanto la Chiesa intera che, mediante la confessione del peccato dei suoi figli, confessa la sua fede in Dio e ne celebra l'infinita bontà e capacità di perdono: grazie al vincolo stabilito dallo Spirito Santo la comunione che esiste fra tutti i battezzati nel tempo e nello spazio è tale, che in essa ciascuno è se stesso, ma nello stesso tempo è condizionato dagli altri ed esercita su di loro un influsso nello scambio vitale dei beni spirituali. In tal modo, la santità degli uni influenza la crescita nel bene degli altri, ma anche il peccato non ha mai soltanto una rilevanza esclusivamente individuale, perché pesa e oppone resistenza sul cammino della salvezza di tutti e in tal senso tocca veramente la Chiesa nella sua interezza, attraverso la varietà dei tempi e dei luoghi. Questa convinzione spinge i Padri ad affermazioni nette come questa di Ambrogio: " Stiamo bene attenti a che la nostra caduta non diventi una ferita della Chiesa ".(54) Essa, perciò, " pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: e riconosce sempre come propri, davanti a Dio e agli uomini, i figli peccatori ",(55) quelli di oggi, come quelli di ieri.
[…]
CONCLUSIONE
A conclusione della riflessione fatta è opportuno mettere ancora una volta in risalto come in tutte le forme di pentimento per le colpe del passato ed in ciascuno dei gesti ad esse connessi la Chiesa si rivolga anzitutto a Dio e intenda glorificare Lui e la Sua misericordia. Proprio così essa sa di celebrare anche la dignità della persona umana chiamata alla pienezza della vita nell'alleanza fedele col Dio vivo: " La gloria di Dio è l'uomo vivente - la vita dell'uomo è la visione di Dio ".(99) Agendo in tal modo, la Chiesa testimonia anche la sua fiducia nella forza della Verità, che rende liberi (cf. Gv 8,32): la sua " domanda di perdono non deve essere intesa come ostentazione di finta umiltà, né come rinnegamento della sua storia bimillenaria certamente ricca di meriti nei campi della carità, della cultura e della santità. Essa risponde invece a un'irrinunciabile esigenza di verità, che accanto agli aspetti positivi, riconosce i limiti e le debolezze umane delle varie generazioni dei discepoli di Cristo ". (100) E la Verità riconosciuta è sorgente di riconciliazione e di pace, perché, come afferma lo stesso Papa, " l'amore della verità, ricercata con umiltà, è uno dei grandi valori capaci di riunire gli uomini di oggi attraverso le varie culture ". (101) Anche per la Sua responsabilità verso la Verità la Chiesa " non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi. Riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e di coraggio ". (102) Esso schiude per tutti un nuovo domani.”
 5. Come è scritto nell’art.1 del suo Statuto “L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici che si impegnano liberamente, in forma comunitaria e organica ed in stretta collaborazione con la Gerarchia, per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa”. Aderendo liberamente all’Azione Cattolica si fa dunque un’esperienza molto intensa di Chiesa e, in quanto se ne è partecipi ma anche personalmente e direttamente responsabili, si è costantemente chiamati alla purificazione della memoria, quindi innanzitutto alla corretta e veritiera memoria storica, perché in ciò che si fa nella Chiesa non si ripeta il male riconosciuto come tale, in spirito di verità, nella storia della cristianità e per eliminare ogni ostacolo alla riconciliazione. E’ una responsabilità, ma anche una straordinaria opportunità, che, del resto, è data oggi a tutti i fedeli cattolici, a differenza dei fedeli dei millenni passati, in virtù del magistero di Giovanni Paolo II, proclamato beato lo scorso anno. Bisogna acquisirne sempre più chiara consapevolezza: si vedrà così che molte remore che frenano nell’accostarsi più da vicino alla Chiesa e, in particolare, alla parrocchia, non hanno più ragione d’essere.
Mario Ardigò – AC San Clemente Papa – Roma Montesacro Valli