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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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Il sito della parrocchia:

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martedì 16 giugno 2015

Diritti civili e controindicazioni delle religioni

Diritti civili e controindicazioni delle religioni


Una famiglia del Ku Klux Klan, USA, Georgia, 1948 (foto da Wikipedia)


 Sento di dover tornare sull’argomento che ci è stato proposto domenica scorsa, durante le Messe, in parrocchia, del complotto ideologico  gender  contro le nostre famiglie, che coinvolgerebbe l’ONU, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la nostra Ministra dell’Istruzione, la quale vuole organizzare una strategia educativa per contrastare le violenze che nelle scuole colpiscono gli studenti  a cause delle identità sessuali manifestate.
 Ora, io so che l’idea del complotto gender è stata recepita dai nostri vescovi. Però non sono tanto d’accordo e ritengo, in linea con il pensiero di Lorenzo Milani, di avere il dovere di proporre certe argomentazioni, perché, insomma, se non lo faccio poi non mi posso lamentare se i nostri vescovi  “non ci vengono su bene”. Ma come? Non dovrebbero essere loro  i maestri e tu  il discepolo? Certo, è vero. Ma io, da laico semi-anziano, impegnato da molti anni in un settore cruciale dell’amministrazione dello Stato,  penso di avere una certa competenza nelle faccende che in ecclesialese si dicono temporali: rientra tra i miei compiti animarle  secondo la fede e, innanzi tutto, capirle. Loro invece si occupano principalmente di altre cose e, dal Concilio Vaticano 2°, ci hanno chiesto un aiuto proprio in quello. Ecco, io voglio darglielo.
 Comincio dicendo che storicamente le religioni, e anche la nostra, hanno avuto molte controindicazioni. Questo è stato  vero in particolare nel campo dei diritti civili.
 Qui sopra, ad esempio, vedete una fotografia di una famigliola del Ku Klux Klan, negli Stati Uniti d’America, Georgia, anno 1948. Quelli del Ku Klux Klan pensano di essere dei bravi cristiani e durante i loro raduni cantano inni intorno a croci infuocate. Hanno costituito, e in parte ancora costituiscono, un grosso problema per l’integrazione civile dei neri negli Stati Uniti d’America. Combatterono vigorosamente contro l’ideologia dei diritti civili che negli anni Sessanta fu accolta dalle autorità federali degli Stati Uniti d’America. Alcuni dei loro argomenti più forti erano di tipo religioso. Il cattolico presidente statunitense John F. Kennedy ci andò giù pesante con loro e mandò la Guardia Nazionale per proteggere il diritto allo studio dei giovani neri. Si ricorda uno dei suo grandi discorsi in proposito, del giugno 1963, di cui trascrivo di seguito alcuni stralci
[sul WEB all’indirizzo
http://www.jfklibrary.org/JFK/Historic-Speeches/Multilingual-Address-to-the-Nation-on-Civil-Rights/Multilingual-Address-to-the-Nation-on-Civil-Rights-in-Italian.aspx]
Presidente John F. Kennedy
Casa Bianca
11 giugno 1963

Cari concittadini buonasera,
 Questo pomeriggio, dopo una serie di minacce e di dichiarazioni intimidatorie, è stato necessario inviare presso l'Università dell'Alabama un contingente della Guardia Nazionale incaricato di imporre il rispetto dell'ordinanza definitiva ed esplicita della Corte Distrettuale degli Stati Uniti del Distretto Settentrionale dell'Alabama. L'ordinanza ha stabilito l'ammissione all'Università di due giovani neri residenti nello stato dell'Alabama che hanno chiaramente tutti i requisiti previsti a tal fine.
La loro pacifica ammissione al campus è stata resa possibile in buona parte dal comportamento responsabile e costruttivo degli studenti dell'Università stessa.
Invito ogni americano, indipendentemente dal luogo in cui vive, a fermarsi e a riflettere su questo e altri incidenti simili. Questa Nazione è stata fondata da uomini di origini e nazionalità diverse, in base al principio di uguaglianza di tutti gli uomini. Ogni volta che vengono minacciati i diritti di uno di essi, anche i diritti degli altri ne risultano sminuiti.
[…]
Ogni americano deve poter godere dei privilegi che gli derivano dalla sua cittadinanza, senza distinzione di razza o di colore. Ogni americano, insomma, deve avere il diritto ad essere trattato come desidera, come ognuno di noi vorrebbe che fossero trattati i propri figli. In realtà, tuttavia, ciò non accade.
[…]
Questo problema non interessa solo aree circoscritte del Paese. Difficoltà dovute alla segregazione e alla discriminazione esistono in ogni città e in ogni stato dell'Unione e suscitano in molte città un'ondata crescente di malcontento che costituisce una minaccia per la sicurezza pubblica. La questione non è nemmeno circoscritta a una parte politica. In un periodo di crisi interna, gli uomini generosi e di buona volontà devono riuscire ad essere uniti, a prescindere dall'orientamento politico. Non si tratta, infine, di un aspetto limitato alla sfera legale o legislativa. Certamente è meglio che questi problemi vengano risolti nei tribunali piuttosto che nelle strade e nuove leggi sono necessarie a ogni livello, tuttavia, la legge da sola non può cambiare la mentalità delle persone.
Ciò che dobbiamo affrontare è prima di tutto un problema morale. È una questione che risale già alle scritture ed è chiara quanto la Costituzione Americana.
Il problema fondamentale è stabilire se tutti gli americani debbano ottenere gli stessi diritti e pari opportunità; se intendiamo trattare i nostri concittadini americani come noi stessi desidereremmo essere trattati.
[…]
Già cento anni sono trascorsi da quando il Presidente Lincoln liberò gli schiavi e, tuttavia, i loro eredi, i loro discendenti, non sono ancora pienamente liberi. Non si sono ancora affrancati dai lacci dell'ingiustizia e dall'oppressione sociale ed economica. E questa nazione, con tutte le sue speranze e i suoi motivi d'orgoglio, non sarà pienamente libera fino a quando non lo saranno anche tutti i suoi cittadini.
Noi predichiamo con convinzione la libertà in tutto il mondo e teniamo in gran conto la nostra libertà in patria. Tuttavia, dobbiamo dichiarare al mondo e, cosa ancor più importante, a ognuno di noi, che questa è la terrà della libertà, ma non per i neri? Che non abbiamo cittadini di seconda classe, eccezion fatta per i neri, che non abbiamo un sistema di classi o di caste, nessun ghetto, nessuna razza dominante, salvo che rispetto ai neri?
È ormai giunto il momento in cui questa Nazione deve rispettare la sua promessa. Gli eventi accaduti a Birmingham e altrove hanno dato tale vigore alle rivendicazioni di uguaglianza che nessuna città, nessuno stato e nessun ente legislativo possono credere che sia prudente ignorarli.
I fuochi della frustrazione e della discordia si stanno diffondendo in ogni città, a nord e a sud, laddove le opportune misure legali non siano già state adottate. La riparazione dei torti subiti viene ricercata nelle strade, attraverso dimostrazioni, cortei e proteste che creano tensioni, minacciano violenze e mettono a repentaglio vite umane.
Dobbiamo affrontare questa crisi morale come un Paese e come un popolo unito. La soluzione non può essere trovata nell'azione repressiva delle forze dell'ordine né nel diffondersi delle azioni dimostrative lungo le nostre strade. Non è possibile metterla a tacere con gesti simbolici o discorsi. È tempo di agire, nel Congresso, nel vostro stato e negli enti legislativi locali e, soprattutto, nella vita quotidiana di ogni giorno.
Non è sufficiente attribuire la colpa agli altri, dichiarare che è un problema che riguarda solo una parte o l'altra del Paese, né deplorare i fatti a cui assistiamo. Dobbiamo affrontare un cambiamento di grande portata e il nostro compito, il nostro obbligo, è fare in modo che questa rivoluzione, questo cambiamento, sia pacifico e costruttivo per tutti.
Coloro che non agiscono in alcun modo diventano in realtà un motivo di vergogna e un pretesto per la violenza. Coloro che si comportano con coraggio non fanno altro che riconoscere il diritto e la situazione reale.
La prossima settimana domanderò al Congresso degli Stati Uniti di agire, di onorare un principio che non è stato pienamente rispettato nel corso di questo secolo, il principio secondo cui la razza non ha alcuna influenza nella vita né nella legge americana. La magistratura federale ha appoggiato questa proposta nello svolgimento della propria attività, estendendola all'assunzione del personale, all'uso delle strutture federali e alla vendita delle abitazioni finanziate con fondi federali.

Vi sono, tuttavia, altre misure necessarie che devono essere deliberate dal Congresso e che dovranno essere approvate durante la sessione in corso. Le antiche radici dell'ordinamento giuridico su cui si basa la nostra vita stabiliscono che a ogni torto debba seguire un'azione di rimedio, tuttavia, sono troppe le comunità e le zone del Paese in cui i torti subiti dai neri non trovano nella legge alcun tipo di tutela. Se il Congresso non agirà, l'unico rimedio che potranno trovare sarà nelle strade.
Per questo motivo, chiedo al Congresso di approvare una legislazione che conferisca a tutti gli americani il diritto di essere serviti nelle strutture aperte al pubblico, hotel, ristoranti, teatri, negozi e altre istituzioni simili.
Questo mi sembra un diritto elementare. La sua negazione costituisce un affronto arbitrario che, nel 1963, nessun americano dovrebbe subire, ma che molti devono sopportare.
[…]
Chiederò inoltre al Congresso di autorizzare il Governo Federale a partecipare in modo più completo alle cause giudiziarie volte a porre termine alla segregazione nell'istruzione pubblica. Siamo riusciti a convincere molti distretti a eliminare volontariamente la segregazione. Dozzine di essi hanno decretato l'apertura ai cittadini di colore senza alcuna violenza. Attualmente, almeno una persona di pelle nera frequenta una scuola finanziata dallo stato in ognuno dei nostri 50 stati, ma il processo è ancora molto lento.
Troppi bambini di colore che erano stati iscritti a scuole segregate al tempo della decisione della Corte Suprema, 9 anni fa, entreranno in scuole superiori segregate questo autunno, dopo aver subito un danno che non potrà mai essere riparato. La mancanza di un'istruzione adeguata nega ai neri la possibilità di ottenere un lavoro soddisfacente.
La regolare applicazione della decisione della Corte Suprema, pertanto, non può essere esclusivamente demandata a coloro che potrebbero non disporre delle risorse economiche necessarie per avviare azioni legali o che potrebbero essere vittime di vessazioni.
Sarà necessario prevedere anche altre misure, tra cui una maggiore protezione del diritto di voto. La legislazione, ripeto, non può, tuttavia, risolvere da sola questo problema. La sua soluzione deve essere cercata nella casa di ogni singolo americano, in ognuna delle comunità del Paese.
A questo proposito, desidero esprimere il mio apprezzamento per i cittadini, del nord e del sud, che si adoperano da tempo nelle loro comunità per migliorare la vita di tutti. Si tratta di persone che agiscono non per un senso del dovere imposto dalla legge, ma per la loro sensibilità alla dignità umana.
Come i nostri soldati e i nostri marinai impegnati in ogni parte del mondo, lavorano in prima linea per rispondere alla sfida della libertà e io rendo loro onore per il coraggio che dimostrano.
Cari concittadini americani, questo è un problema che riguarda ognuno di noi, in ogni città, a nord come a sud. Oggi vi sono cittadini di colore disoccupati, il doppio o il triplo dei bianchi, che hanno ricevuto di un'istruzione non adeguata e che si trasferiscono nelle grandi città, senza riuscire a trovare lavoro. In particolare, questa situazione riguarda i giovani disoccupati e senza speranza, a cui sono negati l'uguaglianza dei diritti, la possibilità di mangiare in un ristorante o a un bar, di recarsi al cinema, il diritto a un'educazione dignitosa e persino, ancor oggi, il diritto di frequentare un'università statale anche se dispongono di tutti i requisiti necessari. Credo che questi siano problemi che riguardano tutti noi, non solo i Presidenti, i Senatori, i Deputati o i Governatori, ma ogni singolo cittadino degli Stati Uniti.
Il nostro è un Paese unito ed è diventato tale perché tutti noi e tutti coloro che sono giunti nel corso del tempo nella nostra terra abbiamo avuto la stessa possibilità di valorizzare i nostri talenti.
Non possiamo dire al 10 percento della popolazione che, invece, questo diritto gli è negato, che i suoi figli non avranno l'opportunità di sviluppare qualunque talento abbiano, che l'unico modo che hanno a disposizione per ottenere i loro diritti è scendere nelle strade e dimostrare. Io credo che noi dobbiamo a loro e a noi stessi un Paese migliore.
Per questa ragione, vi chiedo di contribuire a rendere più facile questo passo in avanti e di offrire loro la stessa uguaglianza di trattamento che noi desidereremmo per noi stessi, di dare a ogni bambino la possibilità di avere un'istruzione adeguata ai propri talenti.
Come ho già detto, non tutti i bambini hanno lo stesso talento, la stessa abilità o le stesse motivazioni, ma tutti devono avere lo stesso diritto di sviluppare il talento, l'abilità e le motivazioni che hanno ricevuto, di costruire la propria vita.
Abbiamo il diritto di esigere che la comunità di colore sia responsabile e agisca nel rispetto della legge, ma essa, a sua volta, ha il diritto di esigere che la legge sia giusta e che la Costituzione non faccia distinzioni basate sul colore della pelle, come ha dichiarato il giudice Harlan all'inizio di questo secolo.
Questo è l'argomento di cui stiamo parlando, una questione che riguarda questo Paese e i suoi valori e chiedo il supporto di tutti i cittadini perché questi valori siano rispettati.
Vi ringrazio di cuore.
 Può sembrare sconvolgente, ma alcuni degli argomenti che sono proposti contro la supposta ideologia gender richiamano quelli dei segregazionisti statunitensi.
  In particolare, venivano trovati argomenti biblici contro l’integrazione civile dei neri, così come se ne erano trovati contro quella degli ebrei e come oggi se ne trovano contro quella delle donne e delle persone omosessuali. Le scritture sacre vanno maneggiate con cura  e sapienza, come il clero ha sempre saputo molto bene, perché, altrimenti, si finisce col lapidare le adultere e mandare al rogo gli eretici. Oggi, ad esempio, consideriamo sconveniente sterminare i nemici vinti, combattenti e civili, uomini e donne, bambini e lattanti, tutti, compreso il loro bestiame, vale a dire le risorse della loro economia, come invece si pretese dal re Saul.
 Ma è proprio vero che c’è questa perversa ideologia che vuole distruggere e addirittura pervertire  le nostre famiglie? E’ strano che si pensi che essa sia stata adottata da potenze mondiali come l’ONU e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che siamo abituati a pensare come dedite al bene.
 Nel volantino che ci è stato distribuito domenica scorsa, sul sagrato della chiesa parrocchiale, ci  sono in effetti alcune esagerazioni. A leggerlo sembra infatti che l’Organizzazione Mondiale della Sanità consigli la masturbazione infantile. In realtà non c’è alcun bisogno di stimolarla, perché essa, come noi tutti ben sappiamo e anche i preti sanno, tanto che ce ne parlano piuttosto precocemente nell’iniziazione alla confessione, è una realtà. Si tratta invece di fornire precocemente ai bambini delle informazioni per aiutarli a capire che cosa sta loro succedendo. E lo stesso accade anche per le questioni dell’omosessualità e su altri temi riguardanti il sesso. Bisogna costruire precocemente  un’informazione corretta su certi temi sui quali essa è a lungo mancata, per cui si suppliva cercandola dai compagni e spesso ciò che si acquisiva erano cose imprecise, parziali e soprattutto viziate dai pregiudizi degli adulti.
 La situazione sull’omosessualità, dal punto di vista teologico, per ciò che credo di avere capito, è la seguente: noi, oggi,  in religione accettiamo nelle nostre collettività le persone omosessuali, non le colpiamo più con l’esclusione sociale dal culto, una sorta di scomunica di fatto, perché sono omosessuali, ma non accettiamo la loro vita di relazione omosessuale. Questo è un bel problema, perché la sessualità, ogni sessualità, anche l’omosessualità, è per natura  relazionale, cioè ci spinge verso gli altri, verso un’altra persona che ci sia compagna. Secondo il nostro magistero, non si può andare oltre. Gli omosessuali quindi dovrebbero condurre una vita da preti, come noi li vogliamo nella Chiesa del rito latino, con la differenza che la loro non sarebbe una scelta volontaria di vita, come quella dei preti, ma una sorta di condanna  a vita.  Ma chi li condanna? Siamo noi che li condanniamo. E con quale autorità? Con l’autorità che ci viene dalle sacre scritture, rispondiamo. Ma le sacre scritture, che abbiamo ricevuto da una lontana antichità, in fondo  condannano le persone omosessuali come tali: com’è che, oggi,  invece le accettiamo tra noi anche in religione? E’ giusto allora dire che noi abbiamo fatto un passo verso le persone omosessuali, ma non siamo riusciti a fare quello decisivo?
 Un tempo si pensava che i bambini morti senza battesimo andassero nell’aldilà in un posto particolare, né inferno né paradiso, chiamato limbo. Non è mai stato un dogma, ma c’era chi lo pensava e lo insegnava. La Commissione teologica internazionale anni fa si riunì, ci pensò molto su  e decise che il limbo non c’è, non è dottrina della Chiesa. Rimase però la questione di bambini morti senza battesimo. Vanno in Paradiso o no? In fondo non hanno commesso nessun peccato. Su questo tema la Commissione dichiarò di non poter andare oltre. Li rimise, quei bambini, alla misericordia dell’Altissimo. Ritenne di non poter superare il dato biblico. Non è una soluzione soddisfacente, lo capite bene. Ma, insomma, quei saggi decisero così. In fondo però, quei bambini morti senza battesimo sono in buone mani. Le mani di chi? Le mani di Dio, le mani di Dio, rispondo con Enrico Medi. Lo stesso non può dirsi per gli omosessuali. Essi sono ancora nelle nostre mani. Affidati alla nostra, di misericordia. Al nostro grande cuore. Alla nostra capacità di compatire le sofferenze altrui e di alleviarle. Non ci vorrebbe molto, in fondo, ma bisognerebbe cambiare mentalità, imparare a costruircene una nuova fin da piccoli, dai tempi della scuola.
 Gli omosessuali ci sono. Lo abbiamo capito anche in religione. Non li riteniamo più cattivi in quanto omosessuali. Però soffrono discriminazioni in società. A scuola li si prende in giro e gli si fa violenza. Come la mettiamo? E’ giusto che sia  così  o dobbiamo fare qualcosa per cambiare le cose? E questo cambiamento non deve partire proprio dalla scuola, dove si educano le persone a stare in società? E cambiare fin dalle scuole non deve significare impartire un’educazione per vivere in una società in cui anche gli omosessuali hanno pieno diritto di esistere, innanzi tutto spiegando chi sono  gli omosessuali e che cosa è l’omosessualità in modo che non li si discrimini rispetto agli eterosessuali? E’ quello che si propone di fare il Ministro dell’istruzione. Ma noi non ci stiamo, insorgiamo, o si è maschio a cui piacciono le femmine o si è femmina  a cui piacciono i maschi, non ammettiamo altre varianti. E come la mettiamo, allora, con gli omosessuali che oggi accettiamo tra noi e a cui, anche in religione, ora non facciamo una colpa di essere omosessuali? Direi che la teologia dovrebbe sforzarsi di aiutarci un po’ di più di come ha fatto nella questione dei bambini morti non battezzati. Così anche i nostri vescovi. Devono aiutarci a trovare tra noi, in religione e nella società civile, un posto alle persone omosessuali che rispetti la loro dignità di esseri umani, che è anche relazionale. Altrimenti li discriminiamo su basi propriamente religiose.
 C’è un rischio molto serio che vedo in eventi di massa come quello del prossimo 20 giugno. Si manifesta contro l’ideologia gender. Ma, in realtà, si manifesta contro le azioni positive del governo mondiale e nazionale per rimuovere discriminazioni contro le persone omosessuali. E’ esplicito. Si fanno nomi e cognomi. In particolare si menzionano disegni di legge. In questo modo però, insorgendo contro i progetti antidiscriminatori, noi, di fatto, contro le nostre buone intenzioni, rafforziamo le discriminazioni sociali contro le persone omosessuali, indebolendo gli anticorpi dello Stato. Sono loro, le persone omosessuali che, in realtà, pensiamo che, con la loro vita di relazione, stando in società, ad esempio a scuola, minaccino i nostri figli. Sono loro che, con le nostre azioni di massa, saranno portate di nuovo alla gogna sociale. E come possiamo escludere che uno dei nostri figli, catechizzati da noi come ci pare giusto, di fronte ad un compagno di scuola che manifesti tendenze omosessuali non se la prenda di brutto con lui, non diventi il suo bullo, il suo personale persecutore emulo dei bimbi del Ku Klux Klan,  come teme il Ministro dell’Istruzione? Ecco che, allora, la nostra religione, in cui si parla tanto di amore, sarà diventata fonte di violenza e di dolore, come tante volte è successo nella storia delle nostre collettività religiose, piena di santità ma anche di tremende tragedie umane. Noi in genere siamo portati a trarre insegnamento dalla prima e a rimuovere le seconde e in questo modo a ripetere all’infinito gli errori di sempre. Salvo poi, dopo duemila anni, batterci il petto e chiedere perdono. Cerchiamo allora di evitare di commettere il male, invece che limitarci a pentircene tardivamente (proponendo tra l’altro numerose attenuanti)!

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli