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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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Il sito della parrocchia:

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domenica 8 novembre 2015

Riprende l’oratorio parrocchiale

Riprende l’oratorio parrocchiale

  Quando, a metà degli anni Sessanta, fui alunno del catechismo parrocchiale qui da noi a San Clemente papa, c’era l’oratorio per i ragazzi, la domenica.
  Si faceva un po’ di catechismo, poi si facevano giochi organizzati da animatori e il pomeriggio si andava al cinema nel teatrino parrocchiale. Alla fine del catechismo, ti davano un biglietto che esibivi nel pomeriggio per entrare al cinema.
 Quando portai  la mia figlia maggiore per il catechismo, nel ’95, l’oratorio non si faceva più.
 L’oratorio è una forma collettiva di lieta integrazione di  fede e vita. Inizialmente, nel Cinquecento, san Filippo Neri, proprio qui a Roma,  l’aveva pensato per tutta la collettività, anche per gli adulti. Divenne una istituzione essenzialmente  per ragazzi ad opera di san Giovanni Bosco, nell’Ottocento. Si sta insieme, facendo quello che in genere fanno i ragazzi,  quello che piace ai ragazzi, ma sempre sotto la luce dell’esperienza religiosa. Tutti insieme, in particolare nel contatto ravvicinato con i sacerdoti che guidano ognuno a scoprire la propria vocazione umana, civile e religiosa, si cresce e gli anni dell’oratorio rimarranno dentro a ciascuno come essenziale riferimento su come essere persone di fede nel mondo contemporaneo. Il cittadino adulto impegnato per affermare i valori di fede nella società del suo tempo sarà costruito sul ragazzino  che era all’oratorio.  Un’esperienza formativa che io ho vissuto tra gli scout della parrocchia degli Angeli Custodi.
 Da noi si abbandonò la pratica dell’oratorio perché l’integrazione tra fede e vita la si cercava di costruire nelle persone solo più tardi, al termine dell’iniziazione religiosa di prima e secondo livello, spingendole ad inserirsi in piccole comunità molto coese e con una disciplina di perfezionamento personale strutturata in un percorso di ascesi laicale centrato sulla famiglia. E’ in questo campo che si profondevano la gran parte delle energie.  Credo di aver capito che non si ritenesse necessaria un’azione parrocchiale per i ragazzini che andasse oltre il catechismo per Prima Comunione e Cresima, essenzialmente  perché si pensava che la formazione ulteriore dei più piccoli dovesse farsi in famiglia. Al fondo c’era un’ideologia religiosa secondo la quale tutto ciò che c’era al di fuori della famiglia aveva scarso senso per la fede ed, anzi, presentava diversi pericoli.
 Di seguito allego la nota pastorale CEI del 2013 sugli oratori, in cui si spiega che cosa sono, quali obiettivi dovrebbero prefiggersi e come andrebbero organizzati.
 Ne allego prima una versione condensata,  costruita con le stesse parole del documento originale, ma estraendo solo alcuni brani, che mi sono sembrati contenere l’essenza fondamentale del testo. Segue la versione integrale. La versione condensata offre il vantaggio di una più rapida lettura, per cogliere il documento in uno sguardo d’insieme.
 In realtà, come si osserva nella nota pastorale, la famiglia è un’importante agenzia educativa, ma non l’unica, ed inoltre deve essere aiutata nel suo lavoro sui figli.
 Si cresce fin da piccoli come cittadini responsabili, capaci di quel protagonismo sociale che può promuovere  i valori di fede nella civiltà contemporanea. Si deve fare un tirocinio sociale che va molto oltre il catechismo. Lo richiede, in particolare, il nuovo ruolo richiesto ai laici di fede dopo il Concilio Vaticano 2°.
 L’oratorio parrocchiale e ripreso da alcune settimane,  si va strutturando e ha avuto molto successo. E’ un segno che la gente ha iniziato a riappropriarsi della parrocchia, che deve arrivare a considerare come una seconda casa, secondo gli auspici del documento CEI di cui sopra.
 Nell’oratorio sono impegnati don Emanuele, don Mimmo, e diversi giovani della parrocchia, neocatecumenali e non. Ho visto in questo il germe di una collettività riconciliata, di una vera comunità parrocchiale. I giovani sono tanto più bravi di noi adulti a fare queste cose, a superare divisioni e diffidenze in un attimo. Dobbiamo prendere esempio da loro.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

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VERSIONE CONDENSATA

 Versione condensata della nota pastorale della Commissione Episcopale C.E.I. per la cultura e le comunicazioni sociali Il laboratorio dei talenti sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo  del 2-2-13



INTRODUZIONE


    Negli orientamenti pastorali decennali sul tema “Educare alla vita buona del Vangelo”,
[C.E.I. - Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 file pdf su <http://www.chiesacattolica.it/documenti/2010/10/00015206_educare_alla_vita_buona_del_vangelo_orien.html>]
nel quadro del più ampio impegno della Chiesa italiana per affrontare la sfida educativa, si fa esplicito riferimento al peculiare contributo che viene offerto dagli oratori.
Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.2).
  Si vuole pertanto incentivare e sostenere l’oratorio quale via privilegiata per educare alla vita buona del Vangelo [proponendo] alcuni orientamenti pastorali circa la natura, le finalità e lo stile educativo dell’oratorio nell’attuale contesto ecclesiale e socioculturale.
 L’oratorio, in questa ottica di pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della comunità cristiana per rigenerare se stessa.
PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO

1. Alle sorgenti dell’educazione
 Gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il secondo decennio degli anni duemila richiamano l’urgenza e la bellezza di un rinnovato impegno nell’affrontare la sfida educativa.
 [Lì’]l’oratorio, che può vantare, come poche altre istituzioni formative, oltre 450 anni di esperienza educativa.
2. Una grande ricchezza di proposte
   Di fatto non disponiamo di una documentazione omogenea, criticamente vagliata e completa secolare vicenda [dell’oratorio].
 È possibile invece cogliere costanti, caratteristiche peculiari, elementi di contatto, evoluzioni di un medesimo modello, senza mai dimenticare che, nelle varie trasformazioni dell’oratorio, la pratica ha in genere preceduto la teoria.
  Dovremo intendere l’oratorio come un’ “esperienza dinamica”, ovvero come uno snodo educativo capace di attivare ricordi, suscitare immagini, creare legami.  L’uso del termine nel linguaggio comune della gente richiama poi un’esperienza di vita buona legata ai tempi della giovinezza.
3. Per una memoria viva dell’oratorio
Dove e come potrà essere individuata questa memoria dell’oratorio? Essa deriva da un intreccio di intuizioni, esperienze, attività ed opere, frutto della grazia dello Spirito, del genio creativo di non pochi Santi e, nondimeno, di scelte pastorali ponderate e fedelmente perseguite nel tempo da singole Chiese locali. Senza alcuna pretesa di completezza e consapevoli di una lettura parziale, possiamo individuare tre grandi filoni o matrici principali di questa memoria dell’oratorio: la tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri (1515- 1595), la tradizione ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi Vescovi, quali San Carlo Borromeo (1538-1584), il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), il Beato cardinale Andrea Carlo Ferrari (1859-1921) fino alle figure più recenti di pastori, tra cui spicca l’allora cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI (1897-1978), e la tradizione piemontese, con San Giovanni Bosco (1815-1888), Santa Maria Domenica Mazzarello (1837- 1881), San Leonardo Murialdo (1828-1900) e tanti altri eminenti educatori torinesi e piemontesi.
   Dagli inizi del ‘900, con l’obiettivo di riunire la domenica bambini e fanciulli per attività ricreative, caritative e di sostegno all’insegnamento catechistico, si diede impulso a una specifica formazione non solo per direttori di oratori e sacerdoti, ma anche per seminaristi, quale mirato tirocinio pastorale per l’oratorio. In questa prospettiva possiamo cogliere il prezioso contributo che l’Azione Cattolica, con il suo capillare e forte radicamento nelle parrocchie, ha dato, e continua a dare, alla vita degli oratori.
4. Con la stessa passione dei grandi maestri dell’educazione
     [Le singole esperienze] sono di fatto accomunate dalla loro peculiare offerta di prossimità alle giovani generazioni, amate, accolte e sostenute nella loro concretezza storica, sociale, culturale e spirituale. Si tratta di un atteggiamento suscitato e animato dalla carità evangelica, testimoniato innanzitutto dai singoli iniziatori, custodito dagli sviluppi e dalle opere successive e, infine, assunto come specifico stile educativo.
5. Nel solco della tradizione con risposte nuove e creative
 Gli oratori non nascono come progetti “fatti a tavolino” ma dalla capacità di lasciarsi provocare e mettere in discussione dalle urgenze e dai bisogni del proprio tempo.
   Gli oratori  [hanno] saputo [promuovere ciò che rientrava nei linguaggi e sensibilità giovanili]: a un tempo, musica, teatro, letteratura e, contemporaneamente gioco, sport e festa – formazione umana, culturale e spirituale –, prevenzione sociale, accompagnamento familiare e avviamento al lavoro. Tuttavia tali proposte non sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione religiosa.
  L’oratorio ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione alla fede delle giovani generazioni. La vera genialità dell’oratorio è di aver saputo declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazioni tra loro molto diverse ed oggi per noi ancora esemplari.
  Oggi gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra la Chiesa e la strada”.
  La sfida pertanto è quella di far diventare gli oratori spazi di accoglienza e di dialogo, dei veri ponti tra il tempo della spensieratezza e quello dell’assunzione di responsabilità.

SECONDA PARTE
FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO

I fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine dell’attività educativa
   La Chiesa per sua natura è chiamata ad evangelizzare  con quello slancio missionario che le permette di essere prossima ad ogni persona, perché il Vangelo sia annunziato a tutte le creature.
 Il Vangelo è il presupposto imprescindibile per lo svolgimento della funzione spirituale e sociale dell’oratorio. E proprio in forza della sua fedeltà al Vangelo, l’oratorio contribuisce alla crescita di cittadini responsabili cooperando così alla realizzazione del bene comune, anche rispetto a quelle situazioni di marginalità e fragilità presenti nelle diverse realtà civili.
7. Con lo sguardo di Gesù verso le giovani generazioni
   L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese locali. [Esso] è l’espressione della comunità ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva, dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società del domani.
 Come ebbe ad affermare Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani: «Vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale» (Messaggio ai giovani a chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano 2°, 8 dicembre 1965.)
8. Il ruolo della comunità educativa
  La natura educativa dell’oratorio e la sua funzione evangelizzatrice esigono una comunità cristiana capace di prendersi cura delle giovani generazioni.
  La comunità educativa dell’oratorio è il soggetto fondamentale dell’azione oratoriale, ed esprime a suo modo la continuazione della missione degli Apostoli.
 L’indole ecclesiale e lo slancio apostolico fa degli operatori dell’oratorio una comunità solidale e educativa, attenta all’evangelizzazione e alla crescita delle giovani generazioni.
  Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione del progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità pastorale, attraverso tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il protagonismo e la responsabilità dei ragazzi e dei giovani.
9. Una rinnovata collaborazione con la famiglia
  All’interno della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla famiglia.
 La famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante.
  È pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio.
 A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal sacramento del matrimonio è importante per la vita della Chiesa.
  È compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo.
 L’oratorio, infatti, si configura come ambiente di condivisione e di aggregazione giovanile, dove i genitori trovano un fecondo supporto per la crescita integrale e il discernimento vocazionale dei propri figli.
10. Nella prospettiva vocazionale
 La caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione vocazionale. Tale dimensione scaturisce dalla visione della vita come dono che porta in sé uno stupendo progetto di Dio.
  «Occorre iniziare i giovani alla vita come risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro cammino di sequela di Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza timore di fare proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e un progetto di santità» (Educare i giovani alla fede- Orientamenti emersi dai lavori della 45° Assemblea Generale C.E.I, 1999).
 Tutte le attività dell’oratorio costituiscono pertanto occasioni proficue per far maturare un adeguato senso vocazionale. La gradualità è il criterio imprescindibile per accompagnare i ragazzi e i giovani nelle tappe della loro crescita, tenendo fisso lo sguardo sulla meta del progetto educativo, che costituisce il paradigma di tutta la proposta oratoriale: la maturità integrale, umana e religiosa, dei ragazzi e dei giovani.
11. La formazione di cristiani maturi
  La natura ecclesiale dell’oratorio si caratterizza per una specifica proposta formativa cristiana. Nel progetto educativo trovano ampio spazio gli itinerari di educazione alla fede, che, muovendo dal progetto catechistico diocesano, offrono ai ragazzi e ai giovani «una visione integrale della persona di Gesù Cristo, mediante un annuncio e una catechesi che non abbiano timore di farsi anche cultura, facendo incontrare la verità sulla storia del Figlio di Dio fatto uomo con la realtà della vita dei giovani» (Educare i giovani alla fede- Orientamenti emersi dai lavori della 45° Assemblea Generale C.E.I, 1999)..
   L’esperienza di gruppo e l’ambiente accogliente, che i ragazzi vivono in oratorio, favoriscono le condizioni concrete per un cammino di crescita e d’iniziazione), realizzando il «costante processo di raccordo tra la fede e la vita».
   Attraverso i linguaggi del mondo giovanile, l’oratorio promuove il primato della persona e la sua dignità, favorendo un atteggiamento di accoglienza e di attenzione, soprattutto verso i più bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi alla disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici testimoni di carità.
12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile integrata
     L’oratorio, che per definizione rimane uno strumento di animazione dei ragazzi e dei giovani, il cui metodo educativo li coinvolge a partire dai loro interessi e dai loro bisogni, inserendoli organicamente in un cammino comunitario, non può essere pensato e non deve costituire una realtà a sé stante, ma è un’espressione qualificata della pastorale giovanile di una comunità parrocchiale.
 Questa prospettiva di pastorale integrata cresce grazie al raccordo con tutte le realtà ecclesiali, gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali, che anche nel contesto dell’oratorio sono chiamate ad offrire il loro peculiare contributo.
Le dinamiche e lo stile dell’oratorio
 13. Luogo fecondo di evangelizzazione
 L’oratorio, si configura come un variegato e permanente laboratorio di interazione tra fede e vita.
 Una tale configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della Chiesa, come i cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa; altri che rispondono alle esigenze del primo annuncio, soprattutto nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e religioni oppure di giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici attività oratoriali messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi: sport, esperienze comunitarie, animazione, teatro, volontariato sociale e missionario, laboratori artistici, pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità educativa dell’oratorio si cimenta.
  All’interno di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di itinerari di fede in grado di garantire una maturazione spirituale progressiva e integrale.
14. Per una gioiosa trasmissione del Vangelo.
 Tali percorsi, nella loro diversità e ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di evangelizzazione, possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
- la testimonianza di fede in una concreta comunità cristiana da parte di coloro che animano l’oratorio;
- l’inserimento del ragazzo e del giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo cammino personalizzato e comunitario. Nel rapporto personale con una guida e nella preghiera che [si viene aiutati] a fare sintesi di vita e scelte di futuro in quanto discepolo del Signore;
- l’accoglienza progettuale del ragazzo e del giovane, avendo come orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità ecclesiale e civile e la propria santificazione;
-  la possibilità di percorsi graduali e differenziati. La missione evangelizzatrice dell’oratorio non si esprime solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto essenziali e ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a innervare ogni singola attività ed esperienza, i tempi e i luoghi dell’oratorio, a partire dalle motivazioni chiare e profonde di coloro che vi operano.
15. Il primato della relazione
 L’oratorio educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario, soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative.
 L’oratorio risponde a questa situazione favorendo il più possibile il consolidarsi di un preciso stile relazionale fatto di accoglienza semplice e schietta, ascolto profondo e sintonia empatica. Particolare cura richiede l’accompagnamento educativo personale.
 Tutte le attività dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorire un contesto di dialogo sereno e costruttivo nella consapevolezza che nessuna attività può sostituire il primato della relazione personale.
  Le proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempo ne costituiscono il contesto naturale e fecondo. L’oratorio si propone di suscitare e alimentare relazioni costanti nel tempo.
 La qualità delle relazioni incide profondamente sul processo educativo. «La creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale.
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale» (enciclica  Caritas in veritate, del papa Benedetto 16° - Carità nella verità, n. 53.)
   Occorre passare ad una sapiente e qualificata costruzione delle relazioni. La caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa al bene dell’altro.
16. Un ambiente accogliente nella chiarezza delle proposte
  Normalmente l’oratorio viene immaginato come un ambiente aperto e accogliente, una seconda casa.
  Una tale accoglienza si  esprime soprattutto attraverso le persone che sono all’interno di esso, o in quanto responsabili e collaboratori o in quanto partecipanti e fruitori: il presentarsi e far conoscenza, il saluto, il sorriso, le “buone maniere”, l’invito a partecipare alle attività sono le modalità con cui i frequentatori abituali e i nuovi arrivati si sentono accolti e messi a proprio agio.
 Molte iniziative e proposte oratoriane esprimono chiaramente la disponibilità e l’interesse ad entrare in relazione con tutti e negli ambiti più diversi. È il caso della pratica sportiva, o delle attività in ambito teatrale ed espressivo, oppure delle iniziative di sostegno scolastico e di volontariato. Più recentemente l’oratorio si sta confrontando con le novità del digitale e dei new media, trovando in essi stimoli per nuove proposte e percorsi educativi.
17. Il progetto educativo dell’oratorio
 Al centro del progetto educativo dell’oratorio c’è la crescita e la progressiva maturazione di ogni singolo ragazzo o giovane secondo la prospettiva dell’“autorealizzazione”.
  Tutti nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lo stile di accoglienza dell’oratorio esige pertanto una chiara impostazione identitaria e progettuale. Si tratta cioè di uno stile intenzionale, pensato e
  L’accoglienza è realmente progettuale: è frutto di una larga condivisione tra i responsabili di oratorio, sia di ambiente che di settore, e il consiglio pastorale parrocchiale e/o oratoriano; fa riferimento a persone concrete che, su mandato dei responsabili, diano attuazione a quanto stabilito; prevede tempi e modalità condivise di verifica e valutazione di quanto progettato e messo in atto, sia in itinere che prima della ripresa di ogni iniziativa. L’espressione “progetto educativo dell’oratorio” non deve primariamente rimandare a un testo scritto, un documento, in cui sono state raccolte riflessioni e indicazioni, ma a un insieme di persone che, nel confronto e nella condivisione, hanno certamente definito e codificato obiettivi, tempi, attività, percorsi, verifiche, ma soprattutto hanno chiarito le motivazioni di ciò che propongono, scelto il “come” realizzarlo e individuato il “chi” si farà carico di dare seguito a tali indicazioni. L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere improvvisata o lasciata alle buone intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto che qualifica e specifica l’oratorio nella sua identità, e questa è patrimonio e responsabilità della comunità cristiana tutta e non solo di qualcuno.
18. Educare a un protagonismo responsabile
  In oratorio si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a proprio agio e dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35) .
   Parliamo qui di un protagonismo sano e virtuoso.
  Le vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile danno origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione di più elementi che si intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a persona:
- via privilegiata è quella dell’“imparare facendo”;
- contesto essenziale al protagonismo oratoriano è quello dell’agire comunitario;
-  percorsi di formazione che siano in grado di sviluppare processi di approfondimento e assimilazione delle adeguate motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale.Tutti, in modi e situazioni diverse, hanno ricevuto del bene da qualcuno. Tutti quindi, ognuno secondo le proprie possibilità e capacità, sono chiamati a restituire tale bene diventando dono per altri. L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri talenti e a metterli a frutto per il bene di tutti.
19. Alleanze feconde e diversificate
 L’educazione è sempre in qualche misura un’opera corale. Essa richiede l’apporto di diversi soggetti in grado di ridire le stesse cose, in modo armonico e coordinato, nella diversità di tempi, luoghi e forme. Così la comunità educante risulterà arricchita dai molteplici e variegati apporti di sacerdoti, consacrati, catechisti, animatori, educatori, genitori, nonni e di altre figure che si renderanno necessarie e disponibili.
   L’oratorio per sua natura è chiamato a promuovere ampie e feconde alleanze educative, gettando ponti verso l’esterno, [in modo da] valorizzare ciò che di buono è già presente nel territorio, mettendosi cordialmente in dialogo con le diverse realtà.
La prima e fondamentale alleanza educativa è certamente quella con la famiglia, come ricordato dai Vescovi. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori». Il ruolo fondamentale della famiglia nei processi educativi implica anche una particolare attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso quei ragazzi e giovani che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e sofferenza.
  Altro orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al mondo della scuola.
Particolare attenzione sarà riservata alla figura del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a stabilire punti di contatto e di sapiente interazione. Tra le attività dell’oratorio, quella molto diffusa del doposcuola costituisce certamente un ambito privilegiato di collaborazione che merita di essere incentivato e incrementato.
  Di grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che spesso gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori, costituisce una delle più grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a casa propria nell’oratorio.
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo, tempi e linguaggi I luoghi.
  I luoghi. Spesso si dice che l’oratorio non è solo un luogo, ma è molto di più; [tuttavia] gli ambienti, il loro utilizzo e la loro gestione possono dire molto in riferimento alle scelte educative. È importante che gli ambienti dell’oratorio siano adatti alle attività educative e quindi sobri, ordinati e dignitosi. Essi dovrebbero essere percepiti dai ragazzi quasi come una seconda casa e perciò devono essere da loro in qualche misura custoditi e mantenuti al meglio.
 Per quanto possibile, si cercherà di dotare l’oratorio di tutte le strutture utili alle attività giovanili, in particolare degli spazi esterni per il gioco libero e per lo sport e quelli interni per le altre attività, tra cui l’angolo della preghiera o una piccola cappella. Tutte le strutture di servizio, come un piccolo bar all’interno dell’oratorio, devono essere in linea con la proposta educativa dell’oratorio.
I tempi. È sotto gli occhi di tutti il grande cambiamento nei tempi di vita delle famiglie; questo dato richiede di essere contemporaneamente assunto ed educato. Non è possibile prescindere dalle esigenze concrete che la vita spesso impone e tuttavia non ci si può fermare a rispondere ad esse. L’oratorio, attraverso le sue diverse attività, si farà carico di aiutare i ragazzi e le loro famiglie ad umanizzare il tempo e a vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo dell’oratorio e la sua declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in modo sapiente i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre attività della parrocchia.
 Un tempo propizio per le attività dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso non esaurisce tutte le proposte dell’oratorio, che anzi trovano il loro fondamento nelle attività svolte durante l’anno pastorale, ma costituisce un momento decisamente privilegiato nel quale proporre attività formative e ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è quello dell’animazione, ovvero quello del coinvolgimento diretto; è un metodo attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto e per la notevole carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice, dinamica e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale metodo si serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità.  L’oratorio assume volentieri i linguaggi del mondo giovanile contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa riconoscere la propria lingua. In particolare sceglierà di servirsi dei linguaggi del gioco libero e creativo, dello sport spontaneo e organizzato, della musica, della narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative riconosciute, apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi, merita certamente una menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente digitale.
21. L’oratorio come laboratorio culturale
 La testimonianza appassionata di tante persone racconta delle molteplici e variegate esperienze vissute in oratorio e di come attraverso di esse sono cresciute e hanno acquisito valori civili ed ecclesiali, sensibilità e atteggiamenti, tradizioni e abitudini, criteri e capacità di valutazione.
 L’oratorio si offre come un laboratorio in cui si produce cultura. Esso  propone una visione di uomo e di donna in relazione con Dio, fa sperimentare una forma specifica di cittadinanza e di partecipazione responsabile, è una comunità in cui si fa esperienza di relazioni intergenerazionali e spesso anche interculturali, è uno spazio in cui ci si confronta con le sfide sociali provocate dalla crisi economica e dal degrado socio-culturale.
  A questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono le diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si possono riscontrare nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano: incontri di gruppo, in cui sovente si affrontano temi e si attivano dinamiche proprie di una determinata età; scuola di formazione sociale e politica, per accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate sempre meno passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di rinnovamento culturale, innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di comunicazione e informazione (web e giornalini), con un’attenzione speciale ai new media e ai social network, che tanto peso hanno oggi nel prolungare e allo stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di accoglienza e scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e solidale”, iniziative di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema del rispetto dell’ambiente e molti altri ancora sono gli ambiti in cui l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone la propria sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e collaborazioni in questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e con le varie iniziative di solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.
TERZA PARTE
IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale dell’oratorio   
 L’oratorio è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce dall’amore della comunità ecclesiale per le nuove. L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è espressa anzitutto a livello di Chiesa particolare attraverso la comunione con il Vescovo diocesano, il quale indica le principali linee educative e gli orientamenti pastorali, a cui devono riferirsi anche le realtà promosse da istituti religiosi o altri soggetti ecclesiali. Per favorire e incentivare un cammino educativo unitario può essere utile costituire un coordinamento diocesano.
  L’oratorio deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttiva collaborazione con tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. È fondamentale l’apporto dei consigli pastorali e delle consulte di pastorale giovanile, ai diversi livelli (parrocchiale, zonale, vicariale, diocesano) sia per l’elaborazione del progetto sia per la costante verifica dell’attività educativa dell’oratorio. Il progetto educativo, deve essere largamente condiviso e verificato da tutti i soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori, giovani e famiglie. Tutto ciò richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità condivisa.
   Chi assume il compito di educatore non può farlo semplicemente a titolo personale, ma deve sentirsi espressione della comunità: stimato e seguito, incoraggiato e sostenuto. Tale servizio, infatti, rappresenta una vera e propria chiamata: è una vocazione che ha bisogno del discernimento e del dovuto accompagnamento formativo.
  Il coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti, delle strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la sua capacità di essere di richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche dalla collaborazione dei vari membri della comunità che a diverso titolo e in molte forme possono contribuire al buon andamento dell’esperienza.
23. Formazione e profilo delle figure educative  
  Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative.
   Tutti possono fare qualcosa per il proprio oratorio, ma la disponibilità da sola non basta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un attento cammino di formazione.
 Al di sopra del fare e dell’organizzare dovrà essere sempre salvaguardata la relazione, la condivisione dei programmi, la comunione d’intenti, considerando i ragazzi mai come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti della loro crescita. Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi per la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario che periodicamente ci si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il lavoro svolto.
 La formazione andrà pensata anche in base al ruolo che ciascuno ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa, in un quadro di comunione e condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle responsabilità.
   All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in un tempo in cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterla garantire a tempo pieno. Pure laddove non si può beneficiare di una presenza assidua non potrà mancare una figura sacerdotale di riferimento, specie per gli aspetti spirituali e formativi.
 Vedere un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice della propria scelta è un segno forte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete e affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande dono.
    Il responsabile [dell’oratorio] è chiamato a favorire un positivo e armonico intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone doti di coordinamento e una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a titolo personale e per questo riceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne certifica la formazione e ne determina la funzione.
  24. Attività sportive, artistiche e culturali  
   La bellezza dell’oratorio e la sua forza di attrazione verso i ragazzi e i giovani dipendono anche da questa molteplicità di offerte in un quadro di proposta educativa integrata e sinergica.
  Tra le proposte più consolidate e diffuse c’è l’attività sportiva.
   L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della loro espressività rende l’oratorio a misura dei più giovani, lo fa sentire familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le numerose manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti elementi che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché favoriscono una presenza attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le varie attività proposte assumono così una valenza culturale, oltre che educativa.
  Una forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una significativa educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della fede, che non è tale se non genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi, contribuisce all’attuazione di quel progetto culturale che dalla metà degli anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro Paese.
25. Sfide antiche e nuove: emarginazione e interculturalità  
 Fin dalle sue origini l’oratorio, nelle varie situazioni e tradizioni, ha posto attenzione alle necessità e alle povertà delle nuove generazioni. Gli oratori, se per loro natura non sono presidi per il contrasto al disagio sociale, possono però fare molto in termini di prevenzione e di sostegno ai ragazzi e ai giovani in difficoltà. Occorre per questo che, oltre ad offrire luoghi protetti e sicuri, sappiano “stare anche sulla strada” per cercare e per accogliere i soggetti più feriti e bisognosi.
  Di fronte alla sfida dell’interculturalità, inoltre, gli oratori rappresentano oggi uno dei luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati.
 L’oratorio rimane espressione della comunità cristiana e questa natura non può essere mai negata o offuscata. All’interno delle attività dell’oratorio, che pur contemplano l’accoglienza di ragazzi di altre religioni e tradizioni, non si potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione cristiana, alla dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio evangelico a tutti.
26. Al passo con le nuove generazioni dei “nativi digitali”
  L’attuale mondo giovanile viene giustamente segnalato come il primo abitato dai cosiddetti “nativi digitali”. L’oratorio non si può sottrarre al confronto con questo nuovo contesto esistenziale dei ragazzi e dei giovani.
  Nello stesso tempo l’oratorio garantisce ai ragazzi uno spazio reale di confronto con il virtuale per capirne profondamente potenzialità e limiti.
   L’oratorio può quindi contribuire ad attuare concretamente alcune indicazioni degli orientamenti pastorali del decennio, quando invitano a porre particolare attenzione al rapporto tra nuove tecnologie e sfida educativa:.
27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti  
   Ogni oratorio, a seconda della sua concreta strutturazione, deciderà come organizzarsi rispetto alla gestione amministrativa, nel rispetto della normativa canonica e civile. È importante, comunque, mantenere sempre il riferimento diretto alla comunità ecclesiale, relazionando periodicamente, nelle sedi opportune.
   Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli enti pubblici si è molto evoluto. La realtà civile ha scoperto, e sempre più apprezza, l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al territorio con cui intessere patti educativi e creare servizi per le giovani generazioni e le famiglie.
   È importante che questi rapporti non pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e avvengano nel pieno rispetto del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà religiosa.

CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo
  Gli oratori sono stati, lo sono ancora e speriamo che lo diventino sempre di più, dei veri e propri “laboratori educativi”. A questa consapevolezza vanno ricondotti tutti gli interventi a livello spirituale, sociale e culturale che vedono oggi impegnata la comunità ecclesiale sul fronte degli oratori. Se non risulta possibile definire un modello unitario e omogeneo degli oratori italiani, è comunque necessario e fecondo richiamarne sempre gli aspetti identitari più significativi, attingendoli dalla memoria delle diverse tradizioni e ponendoli in relazione con le molteplici configurazioni degli odierni oratori. Solo così sarà possibile affrontare le sfide educative dell’oratorio di oggi e di domani. Dalla memoria viva, attraverso l’impegno di discernimento su un presente drammatico e affascinante, è possibile riconoscere nel ripensamento e nel rilancio degli oratori una vera forza profetica a beneficio delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società.

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VERSIONE INTEGRALE

Conferenza Episcopale Italiana Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali

“IL LABORATORIO DEI TALENTI” 

Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo


INTRODUZIONE


  L’attenzione verso la maturazione umana e la crescita nella fede delle nuove generazioni è stata sempre al cuore della missione della Chiesa. Con il Concilio Ecumenico Vaticano II e il Magistero degli ultimi pontefici tale attenzione si è fatta ancora più marcata e incisiva. Giovanni Paolo II lo ricordava rivolgendosi direttamente ai giovani: «Tutti guardiamo in direzione vostra, poiché noi tutti, grazie a voi, in un certo senso ridiventiamo di continuo giovani. Pertanto, la vostra giovinezza non è solo proprietà vostra, proprietà personale o di una generazione: essa appartiene al complesso di quello spazio, che ogni uomo percorre nell’itinerario della sua vita, ed è al tempo stesso un bene speciale di tutti. È un bene dell’umanità stessa» (1). Sono sempre più numerose le iniziative pastorali rivolte ai ragazzi e ai giovani per offrire loro percorsi educativi in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo. Tra le proposte più significative assume una particolare rilevanza quella dell’oratorio, realtà ricca di tradizione e nello stesso tempo capace di garantire un continuo rinnovamento per andare incontro alle odierne esigenze educative.
  Negli orientamenti pastorali decennali sul tema “educare alla vita buona del Vangelo”, nel quadro del più ampio impegno della Chiesa italiana per affrontare la sfida educativa, si fa esplicito riferimento al peculiare contributo che viene offerto dagli oratori. «La necessità di rispondere alle loro esigenze porta a superare i confini parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale dinamica incide anche su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio» (2).
  Anche a seguito di queste autorevoli indicazioni stiamo assistendo a un crescente interesse da parte di molte comunità parrocchiali nei confronti dell’oratorio quale risposta concreta e dinamica alle nuove e complesse sfide che si riscontrano nell’educazione delle giovani generazioni. Molte realtà ecclesiali si stanno impegnando per qualificare gli oratori già esistenti, altre si stanno adoperando per ridare vita ad esperienze che nel tempo si erano perse, altre ancora si stanno organizzando per la creazione di nuovi oratori. All’offerta educativa degli oratori guardano anche con molta attenzione le istituzioni civili. Negli ultimi tempi si registrano anche diversi interventi legislativi finalizzati al riconoscimento e al sostegno degli oratori. Molte amministrazioni hanno manifestato, anche con aiuti concreti, un rinnovato interesse per gli oratori, offrendo e domandando collaborazione. Si tratta di situazioni nuove che richiedono un adeguato discernimento e qualche orientamento comune.
  La presente Nota vuole in primo luogo ribadire l’impegno educativo delle nostre comunità ecclesiali nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, riconoscendone la soggettività e valorizzando i talenti di cui sono portatori. Si vuole pertanto incentivare e sostenere l’oratorio quale via privilegiata per educare alla vita buona del Vangelo. La Chiesa italiana, anche attraverso questa Nota, vuole riconoscere e sostenere il peculiare valore  e la vita dell’oratorio nell’accompagnamento della crescita umana e spirituale delle nuove generazioni. Si intende proporre alle comunità parrocchiali, e in modo particolare agli educatori e animatori, alcuni orientamenti pastorali circa la natura, le finalità e lo stile educativo dell’oratorio nell’attuale contesto ecclesiale e socioculturale. Vengono formulati anche alcuni criteri di discernimento su aspetti della vita e dell’organizzazione dell’oratorio: la formazione e la responsabilità degli educatori; il rapporto con la pastorale giovanile; la catechesi in oratorio; le alleanze educative, in particolare con la famiglia; l’impegno delle aggregazioni ecclesiali; la sfida dell’integrazione sociale e culturale; l’animazione dello sport educativo, del gioco e del tempo libero; la titolarità e la gestione dell’oratorio.
 La Nota non intende trattare tutte le problematiche relative all’oratorio, peraltro già affrontate nell’ampia letteratura disponibile. Si vuole piuttosto sviluppare una riflessione in termini di pastorale integrata per rendere ancora più visibile il volto missionario ed educativo della parrocchia quale risposta al secolarismo che determina sempre più l’abbandono della fede e della vita ecclesiale da parte delle nuove generazioni (3). L’oratorio, in questa ottica di pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della comunità cristiana per rigenerare se stessa e rispondere in maniera appropriata al relativismo pervasivo che è ben riscontrabile anche nei processi educativi. La riflessione sugli oratori viene collocata nel contesto sociale odierno al fine di attualizzarne il ruolo anche rispetto alle grandi sfide educative del nostro tempo. Destinatari primari della Nota sono tutti coloro che attraverso l’oratorio svolgono la loro missione educativa a partire dalla comunità ecclesiale, di cui è emanazione, dalla famiglia – da cui non si può mai prescindere in ogni attività educativa – per arrivare agli educatori e agli animatori che sono i protagonisti, assieme ai ragazzi e ai giovani, della vita dell’oratorio.

+ Enrico Solmi Vescovo di Parma   
 Presidente della Commissione Episcopale per la famiglia

+ Claudio Giuliodori
 Vescovo di Macerata - Tolentino - Recanati - Cingoli-Treia
Presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali.

Roma, 2 febbraio 2013 
Festa della Presentazione del Signore 
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PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO

1. Alle sorgenti dell’educazione
 Gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il secondo decennio degli anni duemila richiamano l’urgenza e la bellezza di un rinnovato impegno nell’affrontare la sfida educativa. È una dimensione della vita ecclesiale e sociale di fronte alla quale tutti si sentono interpellati e che molti vivono come una vera emergenza. Il carattere di “emergenza” nell’ambito educativo, secondo le acute analisi di Benedetto XVI, è dato dalla perdita delle fonti che alimentano il cammino umano: la natura, la Rivelazione e la storia. Solo nel loro “concerto” si ritrovano «le indicazioni per un’educazione che non è imposizione, ma realmente apertura dell’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio» (4) . Si tratta dunque di «ritrovare le fonti, il linguaggio delle fonti» (5) , come esorta il Santo Padre, per interpretare e discernere le condizioni attuali del nostro impegno educativo e proseguirlo con passione e speranza, senza cedere a sfiducia e rassegnazione.
  Quella dell’educazione è un’attenzione antica e sempre nuova che ha visto la Chiesa impegnata in ogni epoca ad individuare le risposte più efficaci e qualificate. In particolare, «nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli opere e istituzioni formative – scuole, università, centri di formazione professionale, oratori – promosse da diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali. Molte sono le figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene della società» (6).
Tra queste iniziative brilla di luce propria l’oratorio, che può vantare, come poche altre istituzioni formative, oltre 450 anni di esperienza educativa. Ridestare lo stupore per la sua straordinaria e spesso trascurata memoria educativa può rappresentare il primo passo per la sua reinterpretazione nell’attuale contesto culturale.
2. Una grande ricchezza di proposte
  Come non risulta possibile tratteggiare una figura ideale di oratorio, allo stesso modo non è ipotizzabile una narrazione unitaria e lineare della sua storia. Di fatto non disponiamo di una documentazione omogenea, criticamente vagliata e completa della sua secolare vicenda perché essa è inseparabile dalle vicende biografiche di Santi e figure esemplari e dai concreti cammini storici delle diverse diocesi. Occorre inoltre vigilare per evitare impropri trasferimenti anacronistici di categorie contemporanee su realtà storiche assai differenti. È possibile invece cogliere costanti, caratteristiche peculiari, elementi di contatto, evoluzioni di un medesimo modello, senza mai dimenticare che, nelle varie trasformazioni dell’oratorio, la pratica ha in genere preceduto la teoria.
 Dovremo dunque più propriamente riferirci, come ebbe a scrivere lo stesso don Bosco, alle memorie dell’oratorio o meglio ad una memoria cui implicitamente e inconsapevolmente si fa riferimento quando si parla di oratorio. Gioverà a questo proposito intendere l’oratorio come un’“esperienza dinamica”, ovvero come uno snodo educativo capace di attivare ricordi, suscitare immagini, creare legami. Conferma ne viene dalla stessa varietà semantica del  termine, indicante, a un tempo, un luogo adibito per la preghiera, un particolare genere musicale e uno stile educativo tipico del nostro Paese; l’uso del termine nel linguaggio comune della gente richiama poi un’esperienza di vita buona legata ai tempi della giovinezza. Bisogna inoltre precisare che, storicamente, oratorio non rappresenta neppure l’unico riferimento per indicare tale stile formativo: nelle diocesi del Triveneto, ad esempio, è conosciuto anche come patronato, mentre in molti luoghi, dagli anni settanta, ha mutato il suo nome in centro giovanile, in casa della gioventù e sono sorti, in ambito non ecclesiale, strutture simili, quali i ricreatori laici. In questa prospettiva il termine oratorio risulta perciò fortemente evocativo e, allo stesso tempo, bisognoso di chiarificazione.
3. Per una memoria viva dell’oratorio
Dove e come potrà essere individuata questa memoria dell’oratorio? Essa deriva da un intreccio di intuizioni, esperienze, attività ed opere, frutto della grazia dello Spirito, del genio creativo di non pochi Santi e, nondimeno, di scelte pastorali ponderate e fedelmente perseguite nel tempo da singole Chiese locali. Senza alcuna pretesa di completezza e consapevoli di una lettura parziale, possiamo individuare tre grandi filoni o matrici principali di questa memoria dell’oratorio: la tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri (1515- 1595), la tradizione ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi Vescovi, quali San Carlo Borromeo (1538-1584), il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), il Beato cardinale Andrea Carlo Ferrari (1859-1921) fino alle figure più recenti di pastori, tra cui spicca l’allora cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI (1897-1978), e la tradizione piemontese, con San Giovanni Bosco (1815-1888), Santa Maria Domenica Mazzarello (1837- 1881), San Leonardo Murialdo (1828-1900) e tanti altri eminenti educatori torinesi e piemontesi.
  La memoria delle tradizioni dell’oratorio non si esaurisce tuttavia nelle esperienze di Roma e dell’Italia Settentrionale: numerose Congregazioni religiose, singoli educatori ed educatrici, consacrati e laici sono stati protagonisti, anche nel Centro e nel Sud d’Italia, di esperienze educative simili, al di là delle singole denominazioni, in parte attingendo da queste fonti più antiche e parimenti arricchendole con le loro realizzazioni. Tra queste ultime si possono ricordare due esperienze significative. Il sacerdote cosentino don Gaetano Mauro (1888-1969) istituì un «ricreatorio per i giovani» e nel 1925 diede vita all’Associazione Religiosa degli Oratori Rurali (ARDOR), con sacerdoti e laici, per l’insegnamento della dottrina cristiana nelle campagne, per alleviare miseria, ingiustizia, ignoranza religiosa, con iniziative di evangelizzazione e di promozione umana. Notevole fu anche l’attività di diffusione e sostegno degli oratori in Puglia, legata al Seminario regionale di Molfetta. Dagli inizi del ‘900, con l’obiettivo di riunire la domenica bambini e fanciulli per attività ricreative, caritative e di sostegno all’insegnamento catechistico, si diede impulso a una specifica formazione non solo per direttori di oratori e sacerdoti, ma anche per seminaristi, quale mirato tirocinio pastorale per l’oratorio. In questa prospettiva possiamo cogliere il prezioso contributo che l’Azione Cattolica, con il suo capillare e forte radicamento nelle parrocchie, ha dato, e continua a dare, alla vita degli oratori.
 La pubblicazione della presente Nota vorrebbe dunque anche incoraggiare la ricerca, nelle storie locali, di tanti testimoni e iniziative esemplari da proporre all’attenzione delle nostre comunità ecclesiali e, in particolare, delle nuove generazioni.
4. Con la stessa passione dei grandi maestri dell’educazione
  «Nell’opera dei grandi testimoni dell’educazione cristiana, secondo la genialità e la creatività di ciascuno, troviamo i tratti fondamentali dell’azione educativa: l’autorevolezza dell’educatore, la centralità della relazione personale, l’educazione come atto di amore, una visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di senso dei giovani, la formazione integrale della persona, la corresponsabilità per la costruzione del bene comune» (7) . Opportunamente gli orientamenti pastorali per il decennio delineano quasi una traccia di lettura delle nostre tradizioni educative, utile anche per una corretta memoria dell’oratorio. Ad essa ci riferiremo interpellando le diverse tradizioni alla luce delle questioni e delle domande oggi più urgenti per il futuro dei nostri oratori, facendo emergere, a seconda dei diversi contesti storici e culturali, anche le diverse “fratture” della memoria, ovvero le perdite, le involuzioni o le riduzioni improprie che hanno caratterizzato la pratica dell’oratorio.
  Di fronte ad una tale ricchezza di esperienze viene da chiedersi quale sia la chiave interpretativa o la cifra sintetica di una così sorprendente e variegata pratica pastorale. Nel medesimo e più ampio orizzonte in cui le singole esperienze si collocano – quello dell’educazione – esse sono di fatto accomunate dalla loro peculiare offerta di prossimità alle giovani generazioni, amate, accolte e sostenute nella loro concretezza storica, sociale, culturale e spirituale. Si tratta di un atteggiamento suscitato e animato dalla carità evangelica, testimoniato innanzitutto dai singoli iniziatori, custodito dagli sviluppi e dalle opere successive e, infine, assunto come specifico stile educativo. Come non pensare alla nota parabola del Vangelo di Luca in cui un Samaritano, ritrovatosi, per strada, davanti ad un uomo ferito, «vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33) e non passò oltre come altri prima di lui? L’oratorio anche oggi si colloca sulle strade frequentate dai giovani per prendersi cura di loro.
5. Nel solco della tradizione con risposte nuove e creative
 Gli oratori non nascono come progetti “fatti a tavolino” ma dalla capacità di lasciarsi provocare e mettere in discussione dalle urgenze e dai bisogni del proprio tempo. Le precarie condizioni spirituali della gioventù cinquecentesca di Roma per San Filippo, l’esigenza di scolarizzazione e educazione cristiana per la diocesi ambrosiana nell’attuazione del Concilio di Trento, l’incontro di don Bosco con ragazzi “abbandonati e pericolanti”, spesso precocemente incarcerati a causa delle dure condizioni di vita nella Torino industriale di metà Ottocento: queste sono state le circostanze che hanno originato le diverse esperienze educative.   
  Gli oratori non si sono poi limitati al recupero, all’istruzione o all’assistenza: la seconda caratteristica è quella di aver saputo valorizzare e abitare la qualità etica dei linguaggi e delle sensibilità giovanili, promuovendo, a un tempo, musica, teatro, letteratura e, contemporaneamente gioco, sport e festa – formazione umana, culturale e spirituale –, prevenzione sociale, accompagnamento familiare e avviamento al lavoro. Tuttavia tali proposte non sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione religiosa, ma sono state percorse fino in fondo, nella loro capacità di educare alla relazione e alla responsabilità, come condizione di apertura dell’io, secondo l’efficace espressione del Papa sopra ricordata: dall’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio (8).
 L’oratorio, infatti, ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione alla fede delle giovani generazioni (terza caratteristica) seppur nella logica prima descritta da Benedetto XVI, investendo cioè su una pluralità di relazioni affidabili (verticali e orizzontali) che propiziassero l’uscita da “sé” e l’apertura dell’“io”. Il Vangelo, già implicitamente sperimentato nell’accoglienza incondizionata e nella condivisione della vita quotidiana, poteva così sprigionare tutta la sua carica di trasformazione dell’identità plasmando le personalità e dischiudendo la via della conversione o una ripresa del cammino di fede. In questo dinamismo di crescita umana e spirituale è stato sempre favorito anche il riconoscimento della propria vocazione. La vera genialità dell’oratorio è di aver saputo declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazioni tra loro molto diverse ed oggi per noi ancora esemplari.
  Oggi gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra la Chiesa e la strada”. Lo ricordava il Beato Giovanni Paolo II parlando ai giovani di Roma: «Condividendo la vita dei vostri coetanei nei luoghi dello studio, del divertimento, dello sport e della cultura, cercate di recare loro l’annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza» (9). La sfida pertanto è quella di far diventare gli oratori spazi di accoglienza e di dialogo, dei veri ponti tra l’istituzionale e l’informale, tra la ricerca emotiva di Dio e la proposta di un incontro concreto con Lui, tra la realtà locale e le sfide planetarie, tra il virtuale e il reale, tra il tempo della spensieratezza e quello dell’assunzione di responsabilità.


SECONDA PARTE
FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO

I fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine dell’attività educativa
  «Il Vangelo è il più grande dono di cui dispongano i cristiani» (10) e costituisce il fondamento da cui sgorga tutta l’azione educativa in oratorio. In esso gli educatori trovano il principio che sostiene e orienta l’impegno a favore della crescita integrale delle giovani generazioni. Dalla coerenza di vita con l’insegnamento evangelico deriva anche la credibilità educativa e l’autorevolezza (11) del servizio offerto dagli operatori pastorali impegnati negli oratori.
 La Chiesa per sua natura è chiamata ad evangelizzare (12) con quello slancio missionario che le permette di essere prossima ad ogni persona, perché il Vangelo sia annunziato a tutte le creature (13). È all’interno della prossimità, spazio indicato da Gesù per vivere il comandamento dell’amore (14), che si svolge l’attività educativa oratoriale, attenta alle fragilità e alle povertà dei ragazzi di ogni tempo, ma anche capace di svilupparne le risorse e le potenzialità per una vera promozione della persona.
 La tradizione ecclesiale conferma che ogni autentica esperienza educativa rivolta alle giovani generazioni manifesta storicamente e concretamente la compassione di Cristo verso le esigenze e i bisogni del tempo. In questa prospettiva il Vangelo è il presupposto imprescindibile per lo svolgimento della funzione spirituale e sociale dell’oratorio. E proprio in forza della sua fedeltà al Vangelo, l’oratorio contribuisce alla crescita di cittadini responsabili cooperando così alla realizzazione del bene comune, anche rispetto a quelle situazioni di marginalità e fragilità presenti nelle diverse realtà civili.
 Il Vangelo, come parola di vita e nutrimento spirituale, è il bene più prezioso che la Chiesa possa offrire alle nuove generazioni attraverso la singolare e multiforme esperienza dell’oratorio. È, pertanto, l’incontro vivo e palpitante con il Signore Gesù che ispira e sostiene l’attività educativa dei nostri oratori. Questi luoghi sono stati, e devono diventarlo sempre di più, una manifestazione di quella «carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera» (15).
7. Con lo sguardo di Gesù verso le giovani generazioni
  Le nostre comunità ecclesiali, impegnate principalmente nella trasmissione della fede, da sempre dedicano alle giovani generazioni un’attenzione speciale con cui intendono esprimere la loro responsabilità educativa e pastorale (16). Benedetto XVI ha definito «fortunati» i ragazzi che hanno la possibilità di frequentare gli oratori e ha ricordato che «l’oratorio, come dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere». Ha incoraggiato i giovani ad essere frequentatori assidui dell’oratorio «per maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Signore» (17). I progetti oratoriali possono contribuire in modo determinante al processo di crescita umana e spirituale, dalla fanciullezza fino alla giovinezza. L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese locali, «un punto solido per la pastorale dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani» (18).
  Ma a chi si rivolge l’oratorio e chi ne è il protagonista? Uno sguardo attento alla realtà dell’oratorio e al suo sviluppo ci porta a dire che se in passato l’attenzione prevalente era per i ragazzi fino all’adolescenza, oggi appare necessario adeguare le sue proposte ad una giovinezza sempre più prolungata che arriva alle soglie dei trent’anni. Si presentano nuove criticità e nuove situazioni nel mondo giovanile a cui gli oratori possono offrire risposte concrete e pertinenti, valutando attentamente le esigenze e le reali capacità di intervento.
  In questa prospettiva, possiamo affermare che l’oratorio è l’espressione della comunità ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva, dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società del domani, come ebbe ad affermare Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani: «Vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale»(19).
 8. Il ruolo della comunità educativa
  La natura educativa dell’oratorio e la sua funzione evangelizzatrice esigono una comunità cristiana capace di prendersi cura delle giovani generazioni. Quest’aspetto si realizza nella Chiesa quando tutti concorrono «alla vita e alla crescita del corpo ecclesiale» (20), ciascuno secondo i carismi e i doni che lo Spirito suscita. All’interno della più ampia comunità parrocchiale o religiosa, tenendo conto anche delle nuove situazioni delle realtà ecclesiali organizzate in unità pastorali, l’équipe educativa dell’oratorio comprende i sacerdoti, gli educatori e gli animatori il cui compito è la strutturazione, l’attuazione e la verifica degli itinerari educativi nel quadro di un progetto ben articolato.
  La comunità educativa dell’oratorio è il soggetto fondamentale dell’azione oratoriale, ed esprime a suo modo la continuazione della missione degli Apostoli la cui «comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale conil genere umano e con la sua storia» (21). L’indole ecclesiale e lo slancio apostolico fa degli operatori dell’oratorio una comunità solidale e educativa, attenta all’evangelizzazione e alla crescita delle giovani generazioni.
  La comunità educativa, pertanto, è l’espressione della carità pastorale della Chiesa che, in forza della sua natura missionaria, provvede all’accoglienza e all’accompagnamento di tutti i ragazzi e i giovani attraverso il progetto educativo, elaborato secondo le esigenze della realtà ecclesiale di riferimento. Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione del progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità pastorale, attraverso tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il protagonismo e la responsabilità dei ragazzi e dei giovani.
9. Una rinnovata collaborazione con la famiglia
  All’interno della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla famiglia che, per sua indole e vocazione, «possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia, infatti, nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa» (22). Il compito educativo, connaturale alla sua identità, fa sì che «nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato» (23).
  È pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio perché, come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI ad Ancona parlando ai sacerdoti e agli sposi responsabili della pastorale familiare: «La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa. A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal sacramento del matrimonio è importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della comunità» (24).
  È compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo. La soggettività educativa della famiglia in oratorio deve modularsi in modo da favorire la tipicità del luogo che, nel rispetto degli spazi propri destinati ai ragazzi e ai giovani, deve rimanere tipicamente giovanile. L’oratorio, infatti, si configura come ambiente di condivisione e di aggregazione giovanile, dove i genitori trovano un fecondo supporto per la crescita integrale e il discernimento vocazionale dei propri figli (25). In una fase storica in cui i cambiamenti culturali e sociali in atto nel nostro Paese richiedono una rinnovata alleanza tra la famiglia e le agenzie educative, il rapporto tra oratorio e famiglia si configura come laboratorio quanto mai fecondo per sperimentare anche nuovi percorsi di corresponsabilità educativa. È importante che nell’oratorio si respiri un clima familiare anche per aiutare i tanti ragazzi e giovani alle prese con situazioni familiari problematiche, per i quali spesso l’oratorio diventa una seconda famiglia.
10. Nella prospettiva vocazionale
 La caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione vocazionale, che in oratorio si intreccia con l’accompagnamento dei ragazzi e la testimonianza di vita data dagli educatori. Tale dimensione scaturisce dalla visione della vita come dono che porta in sé uno stupendo progetto di Dio. La realizzazione di una progettualità vocazionale, capace di rispondere al desiderio di felicità, alla ricerca della verità e al bisogno di comunione fraterna, offre ai ragazzi e ai giovani gli elementi necessari per un cammino di autentico discernimento verso la piena maturità. L’approccio vocazionale favorisce e sostiene il progressivo manifestarsi del progetto di Dio nella vita di tutti coloro che frequentano l’oratorio. «Occorre iniziare i giovani alla vita come risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro cammino di sequela di Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza timore di fare proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e un progetto di santità» (26).
   Il profilo vocazionale della proposta oratoriale si manifesta concretamente nello stile di animazione degli educatori e nella proposta degli itinerari educativi. Tutte le attività dell’oratorio costituiscono pertanto occasioni proficue per far maturare un adeguato senso vocazionale. La gradualità è il criterio imprescindibile per accompagnare i ragazzi e i giovani nelle tappe della loro crescita, tenendo fisso lo sguardo sulla meta del progetto educativo, che costituisce il paradigma di tutta la proposta oratoriale: la maturità integrale, umana e religiosa, dei ragazzi e dei giovani.
11. La formazione di cristiani maturi
  La natura ecclesiale dell’oratorio si caratterizza per una specifica proposta formativa cristiana. Nel progetto educativo trovano ampio spazio gli itinerari di educazione alla fede, che, muovendo dal progetto catechistico diocesano, offrono ai ragazzi e ai giovani «una visione integrale della persona di Gesù Cristo, mediante un annuncio e una catechesi che non abbiano timore di farsi anche cultura, facendo incontrare la verità sulla storia del Figlio di Dio fatto uomo con la realtà della vita dei giovani» (27).
   L’esperienza di gruppo e l’ambiente accogliente, che i ragazzi vivono in oratorio, favoriscono le condizioni concrete per un cammino di crescita e d’iniziazione cristiana (28), realizzando il «costante processo di raccordo tra la fede e la vita» (29). L’oratorio, rispetto ad altri luoghi formativi, si caratterizza per la specifica identità cristiana, i cui principi educativi s’ispirano al Vangelo e alla tradizione cristiana alla luce del Magistero della Chiesa. Per questo motivo ogni proposta offerta ai ragazzi ha un carattere formativo, ispirato e sostenuto dalla ricerca di un concreto e significativo incontro con la persona di Gesù Cristo, garanzia di una vita davvero felice e di una crescita nella pienezza dell’amore.
   Attraverso i linguaggi del mondo giovanile, l’oratorio promuove il primato della persona e la sua dignità, favorendo un atteggiamento di accoglienza e di attenzione, soprattutto verso i più bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi alla disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici testimoni di carità. Di fronte alla crescente presenza di ragazzi e giovani appartenenti ad altre culture e religioni deve crescere la capacità di accoglienza senza venire meno all’identità del luogo e alla peculiarità della proposta educativa improntata ai valori cristiani. Si tratta di nuove e preziose occasioni di dialogo e di evangelizzazione.
12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile integrata
  Consapevoli della ricca verità di esperienze ecclesiali diffuse nel nostro Paese, da cui deriva una pluralità di proposte per la formazione e l’accompagnamento delle giovani generazioni, è fondamentale ribadire lo stretto legame che intercorre tra pastorale giovanile e oratorio. L’attenzione da parte delle Chiese locali per l’educazione dei giovani, lungo tutto l’arco dell’età evolutiva, ha ispirato l’elaborazione di molteplici itinerari di educazione alla fede che, secondo le urgenze locali, ha sviluppato modelli diversi di pastorale giovanile. Essendo l’oratorio uno strumento privilegiato con cui la comunità educa e accompagna i giovani all’integrazione fede-vita, la pastorale giovanile ne accoglie la funzione educativa nel suo progetto, riconoscendo e promuovendo nelle parrocchie la sua diffusione. In virtù di questa funzione è opportuno garantire la presenza dei responsabili degli oratori negli organismi di coordinamento e di consulta del Servizio per la pastorale giovanile e la loro rappresentatività nei Consigli pastorali diocesani e parrocchiali.
  L’oratorio, che per definizione rimane uno strumento di animazione dei ragazzi e dei giovani, il cui metodo educativo li coinvolge a partire dai loro interessi e dai loro bisogni, inserendoli organicamente in un cammino comunitario, non può essere pensato e non deve costituire una realtà a sé stante, ma è un’espressione qualificata della pastorale giovanile di una comunità parrocchiale. La promozione e l’organizzazione dell’oratorio concorrono allo sviluppo di una forma sinergica e condivisa di pastorale giovanile integrata, dove la comunità educativa comprende e sostiene l’impegno di chi, su mandato della comunità ecclesiale, concorre al bene e all’educazione cristiana delle giovani generazioni. Questa prospettiva di pastorale integrata cresce grazie al raccordo con tutte le realtà ecclesiali, gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali, che anche nel contesto dell’oratorio sono chiamate ad offrire il loro peculiare contributo.

Le dinamiche e lo stile dell’oratorio
 13. Luogo fecondo di evangelizzazione
 L’oratorio, in quanto espressione educativa della comunità ecclesiale, condivide con essa il desiderio e l’urgenza della missione evangelizzatrice, che «consiste nel realizzare l’annuncio e la trasmissione del Vangelo» e insieme «annunciare il Signore Gesù con parole e azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo» (30).
  Nel compiere tale missione l’oratorio ha un suo modo specifico che si caratterizza nello stile e nel metodo, assumendo forme e attività adeguate alle esigenze e ai cammini sia del singolo che dei gruppi: esso «accompagna nella crescita umana e spirituale» (31) inserendosi nel ritmo quotidiano delle persone e della comunità civile e proponendo iniziative, percorsi, esperienze, relazioni e contenuti che, in modo esplicito o implicito, vogliono favorire l’incontro con il Signore Gesù e con il suo dono di vita buona.
  Per questo l’oratorio si configura come un variegato e permanente laboratorio di interazione tra fede e vita. Quanti sono coinvolti nella vita oratoriale, a vario titolo, siano essi ragazzi, giovani, famiglie e adulti, sono chiamati a vivere un’esperienza globale che trae dal Vangelo forza e significato, e che ha nell’incontro con il Signore Gesù la sua fonte e il suo culmine. Una tale configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della Chiesa, come i cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa; altri che rispondono alle esigenze del primo annuncio, soprattutto nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e religioni oppure di giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici attività oratoriali messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi: sport, esperienze comunitarie, animazione, teatro, volontariato sociale e missionario, laboratori artistici, pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità educativa dell’oratorio si cimenta.
  All’interno di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di itinerari di fede in grado di garantire una maturazione spirituale progressiva e integrale. Questa prassi ampiamente diffusa è molto importante e risponde all’esigenza di sviluppare una crescita armonica e solida in cui la catechesi sia costantemente coniugata con le scelte di vita, al fine di condurre i giovani ad una piena maturità cristiana. Sono sempre più frequenti anche i casi in cui l’iniziazione cristiana viene avviata proprio grazie alla frequentazione dell’oratorio (32).
14. Per una gioiosa trasmissione del Vangelo.
 Tali percorsi, nella loro diversità e ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di evangelizzazione, possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
- la testimonianza di fede (33) in una concreta comunità cristiana da parte di coloro che animano l’oratorio: passione e competenza educative hanno nella consapevolezza del mandato ecclesiale e nel riferimento a Cristo buon pastore il loro fondamento sorgivo;
- l’inserimento del ragazzo e del giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo cammino personalizzato e comunitario: l’ambiente nel suo insieme, con la ricchezza di relazioni personali, attività ed esperienze, ne accompagna e illumina la crescita (presenza di molteplici figure adulte, anno liturgico e pastorale, incontri ed attività di gruppo, attività estive, feste patronali, iniziative di carità e di solidarietà…); tuttavia è nel rapporto personale con una guida e nella preghiera che egli viene aiutato a fare sintesi di vita e scelte di futuro in quanto discepolo del Signore;
- l’accoglienza progettuale del ragazzo e del giovane, rispettati nel loro percorso storico di vita e nei loro interessi espressivi e ricreativi, ma insieme pro-vocati e sollecitati nel loro cammino di crescita e maturazione verso la pienezza di maturità in Cristo, avendo come orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità ecclesiale e civile e la propria santificazione;
-  la possibilità di percorsi graduali e differenziati: ragazzi e giovani, pur appartenendo alla medesima fascia di età oppure frequentando le medesime attività scolastiche e oratoriali, hanno esigenze e storie diverse, per cui è opportuno che il dono di vita buona del Vangelo si adatti ad ogni singola persona, incontrando i giovani al punto in cui si trova la loro libertà e accompagnandoli nella loro piena maturazione. Di conseguenza emerge con chiarezza che la missione evangelizzatrice dell’oratorio non si esprime solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto essenziali e ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a innervare ogni singola attività ed esperienza, i tempi e i luoghi dell’oratorio, a partire dalle motivazioni chiare e profonde di coloro che vi operano (34).
15. Il primato della relazione
 L’oratorio educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario, soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative. Esse costituiscono la sua vera forza e si attuano sia attraverso percorsi strutturati sia attraverso espressioni informali. L’attuale emergenza educativa è letta da più parti come esito di un impoverimento delle relazioni educative personali. In particolare va sottolineato come l’accrescersi esponenziale della comunicazione virtuale costituisca una sorta di surrogato della relazione, che rischia di trarre in inganno molti giovani. Anche laddove i social network sembrano semplicemente prolungare e rafforzare rapporti di amicizia, appare necessario aiutare i giovani che abitano il mondo della rete a scendere in profondità coltivando relazioni vere e sincere.
 n L’oratorio risponde a questa situazione favorendo il più possibile il consolidarsi di un preciso stile relazionale fatto di accoglienza semplice e schietta, ascolto profondo e sintonia empatica. Particolare cura richiede l’accompagnamento educativo personale, specie a partire dall’età delle preadolescenza, che permette di verificare la reale assimilazione degli obiettivi proposti e di ricalibrare continuamente in itinere la proposta formativa. Tutte le attività dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorire un contesto di dialogo sereno e costruttivo nella consapevolezza che nessuna attività può sostituire il primato della relazione personale.
  Le proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempo ne costituiscono il contesto naturale e fecondo. In un tempo segnato dalla consumazione immediata del presente e dal continuo cambiamento, dalla frammentazione delle esperienze, l’oratorio si propone di suscitare e alimentare relazioni costanti nel tempo senza sfuggire le responsabilità e le sfide del “rischio educativo”. La qualità delle relazioni incide profondamente sul processo educativo. «La creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale.
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale» (35).
  Molto spesso il tempo concorre notevolmente a definire lo spessore della relazione; perciò l’oratorio favorirà, per quanto possibile, una continuità relazionale, senza la quale difficilmente si potrà costruire un percorso educativo promettente. Oltre a essere costanti e qualificate, quelle che si vivono in oratorio mirano ad essere anche relazioni autorevoli in grado di aiutare i ragazzi e i giovani a fare sintesi. La vita dei ragazzi e dei giovani è segnata da diversi rapporti, per lo più settoriali, che raramente riescono a fissare l’attenzione su tutta l’ampiezza e la complessità del vissuto personale. Occorre passare dalla “consumazione delle relazioni” ad una sapiente e qualificata “costruzione delle relazioni”. L’esperienza insegna che spesso l’oratorio finisce per essere di fatto il luogo unificante del vissuto, aiutando chi lo frequenta a superare il rischio, oggi tutt’altro che ipotetico, della frammentazione e della dispersione. La caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa al bene dell’altro. Tale atteggiamento genera stupore e dischiude orizzonti di fiducia, insieme al desiderio di mettersi in gioco e di imitare chi si spende con generosità per gli altri.
16. Un ambiente accogliente nella chiarezza delle proposte
  Normalmente l’oratorio viene immaginato come un ambiente aperto e accogliente, un luogo in cui è facile entrare, un contesto in cui il ragazzo e il giovane si trovano a proprio agio, una seconda casa: in termini di intervento sociale potrebbe essere definito un “servizio a bassa soglia”, pensando al fatto che uno scalino più o meno alto può porsi come un filtro all’ingresso. Tale rappresentazione ideale fa centro su una delle caratteristiche più qualificanti la realtà oratoriana, che ha nella capacità di accoglienza la sua strategia e il suo potere di attrazione. Una tale accoglienza, però, non può mai comportare disimpegno o svendita dei valori educativi.
  Essa si manifesta in molteplici forme e contesti. Certamente si riferisce alla possibilità fisica di accedere con facilità e naturalezza agli spazi interni dell’oratorio: un ingresso visibile, aperto e accessibile. Tuttavia si esprime soprattutto attraverso le persone che sono all’interno di esso, o in quanto responsabili e collaboratori o in quanto partecipanti e fruitori: il presentarsi e far conoscenza, il saluto, il sorriso, le “buone maniere”, l’invito a partecipare alle attività sono le modalità con cui i frequentatori abituali e i nuovi arrivati si sentono accolti e messi a proprio agio. Un elemento da prendere in considerazione per valutare e potenziare la capacità di accoglienza di un ambiente oratoriano riguarda la struttura dell’oratorio: piccolo o grande che sia, l’elemento strutturale dice molto di sé, sia a livello di stato di conservazione che di cura nell’arredamento e nell’allestimento di attrezzature e materiali, come anche nella disposizione degli spazi dedicati alle varie attività.
  Ci sono poi alcuni aspetti che esplicitano la volontà e il desiderio di andare sempre incontro ai ragazzi e ai giovani. Molte iniziative e proposte oratoriane esprimono chiaramente la disponibilità e l’interesse ad entrare in relazione con tutti e negli ambiti più diversi. È il caso della pratica sportiva, o delle attività in ambito teatrale ed espressivo, oppure delle iniziative di sostegno scolastico e di volontariato. Più recentemente l’oratorio si sta confrontando con le novità del digitale e dei new media, trovando in essi stimoli per nuove proposte e percorsi educativi. Anche la presenza di ragazzi e giovani provenienti da altre culture e religioni è motivo e occasione di ripensamento e di riorganizzazione della proposta oratoriana. Occorre, inoltre, misurarsi anche con situazioni di grave degrado sociale e culturale (criminalità organizzata, disoccupazione, alcolismo, droga…): di fronte a tali contesti, con lo spirito del buon samaritano l’oratorio si fa “prossimo”, reinventando modalità e iniziative per rispondere alle nuove emergenze educative.
17. Il progetto educativo dell’oratorio
 Al centro del progetto educativo dell’oratorio c’è la crescita e la progressiva maturazione di ogni singolo ragazzo o giovane secondo la prospettiva dell’“autorealizzazione” ben delineata da Giovanni Paolo II: «Davanti alla vista interiore della personalità in sviluppo di un giovane o di una giovane, gradualmente e successivamente si scopre quella specifica e, in un certo senso, unica e irripetibile potenzialità di una concreta umanità, nella quale è come inscritto l’intero progetto della vita futura. La vita si delinea come la realizzazione di quel progetto: come “auto-realizzazione”» (36).
  Tutti nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lo stile di accoglienza dell’oratorio esige pertanto una chiara impostazione identitaria e progettuale. Si tratta cioè di uno stile intenzionale, pensato e voluto, e per quanto è possibile organizzato. Si può parlare di accoglienza progettuale laddove ci sono persone che hanno tematizzato le problematiche e che hanno deciso di mettere in gioco le proprie risorse di tempo, di passione e di competenza per rispondere a tali sollecitazioni.
  L’accoglienza è realmente progettuale, e quindi sensata e finalizzata, nella misura in cui rispetta alcune condizioni di base: è frutto di una larga condivisione tra i responsabili di oratorio, sia di ambiente che di settore, e il consiglio pastorale parrocchiale e/o oratoriano; fa riferimento a persone concrete che, su mandato dei responsabili, diano attuazione a quanto stabilito; prevede tempi e modalità condivise di verifica e valutazione di quanto progettato e messo in atto, sia in itinere che prima della ripresa di ogni iniziativa. L’espressione “progetto educativo dell’oratorio” non deve primariamente rimandare a un testo scritto, un documento, in cui sono state raccolte riflessioni e indicazioni, ma a un insieme di persone che, nel confronto e nella condivisione, hanno certamente definito e codificato obiettivi, tempi, attività, percorsi, verifiche, ma soprattutto hanno chiarito le motivazioni di ciò che propongono, scelto il “come” realizzarlo e individuato il “chi” si farà carico di dare seguito a tali indicazioni. L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere improvvisata o lasciata alle buone intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto che qualifica e specifica l’oratorio nella sua identità, e questa è patrimonio e responsabilità della comunità cristiana tutta e non solo di qualcuno.
18. Educare a un protagonismo responsabile
  In oratorio chi arriva nuovo così come chi lo abita da tempo, il ragazzo come l’adulto, vi trova il suo spazio di espressione e di partecipazione, la valorizzazione delle capacità, e soprattutto l’opportunità di essere riconosciuto e accolto come persona. Da una fase iniziale a quella più avanzata si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a proprio agio e dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35) .
   Parliamo qui di un protagonismo sano e virtuoso che non ha nulla a che fare con le connotazioni negative riscontrabili nella cultura odierna. Si registra, infatti, una dannosa tendenza all’esibizionismo e al narcisismo, che generalmente si esprime in un accentuato individualismo, interpretabile anche come forma di compensazione della propria fragilità personale, percepita o reale. Nonostante questi reali limiti e possibili rischi, il protagonismo, sia giovanile che adulto, rimane la migliore risorsa dell’oratorio per avviare percorsi di educazione alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità.
  Le vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile danno origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione di più elementi che si intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a persona:
- via privilegiata è quella dell’“imparare facendo”, che certamente richiede un minimo di competenza, ma che soprattutto esige disponibilità ad apprendere, passione nel dedicarsi e fedeltà nel mantenere gli impegni presi;
- contesto essenziale al protagonismo oratoriano è quello dell’agire comunitario, basato sul confronto e sulla condivisione, ragione per cui non si opera mai da soli e in forma isolata o autoreferenziale;
-  percorsi di formazione che siano in grado di sviluppare processi di approfondimento e assimilazione delle adeguate motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale. A sostegno della proposta oratoriana di graduale e progressivo coinvolgimento di tutti, ragazzi, giovani, adulti e famiglie a servizio degli altri sovente viene proposta la dinamica della “restituzione”. Tutti, in modi e situazioni diverse, hanno ricevuto del bene da qualcuno. Tutti quindi, ognuno secondo le proprie possibilità e capacità, sono chiamati a restituire tale bene diventando dono per altri. L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri talenti e a metterli a frutto per il bene di tutti. In tale dinamica si inserisce anche l’esperienza del bene sommo, la grazia divina, che tutti abbiamo ricevuto nella passione, morte e risurrezione del Signore Gesù, e a cui tutti siamo chiamati a rispondere diventando a nostra volta dono.
19. Alleanze feconde e diversificate
 L’educazione è sempre in qualche misura un’opera corale. Essa richiede l’apporto di diversi soggetti in grado di ridire le stesse cose, in modo armonico e coordinato, nella diversità di tempi, luoghi e forme. La reale forza di un processo educativo dipende in gran parte dall’interazione di più soggetti capaci di trasmettere lo stesso messaggio attraverso una molteplicità di esperienze e linguaggi. Su questo presupposto si basa la forma stessa dell’oratorio che prevede, nella quasi totalità dei casi, la presenza di diverse figure educative che operano in sinergia. Così la comunità educante risulterà arricchita dai molteplici e variegati apporti di sacerdoti, consacrati, catechisti, animatori, educatori, genitori, nonni e di altre figure che si renderanno necessarie e disponibili.
  L’oratorio può apparire già di per sé, al suo interno, un’alleanza educativa compiuta. Questo però non giustifica alcun ripiegamento o il pensarsi in modo autoreferenziale. L’oratorio per sua natura è chiamato a promuovere ampie e feconde alleanze educative, gettando ponti verso l’esterno. Si rende così più visibile ed evidente la sua natura estroversa, tesa a valorizzare ciò che di buono è già presente nel territorio, mettendosi cordialmente in dialogo con le diverse realtà.
La prima e fondamentale alleanza educativa è certamente quella con la famiglia, come ricordato dai Vescovi: «Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori» (37). Il ruolo fondamentale della famiglia nei processi educativi implica anche una particolare attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso quei ragazzi e giovani che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e sofferenza.
  Altro orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al mondo della scuola, con il quale l’oratorio crea quanto più possibile una collaborazione permanente ai diversi livelli, nell’interesse reciproco e prima ancora dei ragazzi stessi. Particolare attenzione sarà riservata alla figura del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a stabilire punti di contatto e di sapiente interazione. Tra le attività dell’oratorio, quella molto diffusa del doposcuola costituisce certamente un ambito privilegiato di collaborazione che merita di essere incentivato e incrementato.
  Di grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che spesso gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori, costituisce una delle più grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a casa propria nell’oratorio. Occorre però vigilare affinché gli aspetti agonistici non prendano mai il sopravvento sulle finalità educative. L’oratorio, oltre a promuovere al suo interno attività sportive, potrà anche valutare, di volta in volta e dopo adeguato discernimento, l’opportunità di sviluppare collaborazioni con le altre realtà sportive del territorio.
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo, tempi e linguaggi I luoghi.
  I luoghi. Spesso si dice che l’oratorio non è solo un luogo, ma è molto di più. Questa affermazione, pur molto vera, rischia di farci dimenticare l’importanza dell’avere un luogo che si possa considerare oratorio. Ciò non significa che il luogo sia indispensabile per iniziare, o che bisogna partire necessariamente da un luogo. Si possono valorizzare al meglio i luoghi che ci sono e pensare con cura a nuove strutture. Gli ambienti, il loro utilizzo e la loro gestione possono dire molto in riferimento alle scelte educative. È importante che gli ambienti dell’oratorio siano adatti alle attività educative e quindi sobri, ordinati e dignitosi. Essi dovrebbero essere percepiti dai ragazzi quasi come una seconda casa e perciò devono essere da loro in qualche misura custoditi e mantenuti al meglio. Ogni scelta relativa agli ambienti dell’oratorio va contemperata con le esigenze delle attività educative e non deve snaturare le finalità principali dell’oratorio. Per quanto possibile, si cercherà di dotare l’oratorio di tutte le strutture utili alle attività giovanili, in particolare degli spazi esterni per il gioco libero e per lo sport e quelli interni per le altre attività, tra cui l’angolo della preghiera o una piccola cappella. Tutte le strutture di servizio, come un piccolo bar all’interno dell’oratorio, devono essere in linea con la proposta educativa dell’oratorio.
I tempi. La dinamica dei tempi dell’oratorio costituisce oggi indubbiamente una questione che richiede una profonda riflessione e un intenso discernimento comunitario. È sotto gli occhi di tutti il grande cambiamento nei tempi di vita delle famiglie; questo dato richiede di essere contemporaneamente assunto ed educato. Non è possibile prescindere dalle esigenze concrete che la vita spesso impone e tuttavia non ci si può fermare a rispondere ad esse. L’oratorio, attraverso le sue diverse attività, si farà carico di aiutare i ragazzi e le loro famiglie ad umanizzare il tempo e a vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo dell’oratorio e la sua declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in modo sapiente i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre attività della parrocchia. Inoltre il progetto educativo di ciascun oratorio saprà indicare i momenti e tempi più opportuni in riferimento alle attività settimanali feriali e festive, così come nell’ambito del programma annuale. Una particolare attenzione dovrà essere riservata anche ai tempi liturgici e a quelli della crescita nella fede. Un tempo propizio per le attività dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso non esaurisce tutte le proposte dell’oratorio, che anzi trovano il loro fondamento nelle attività svolte durante l’anno pastorale, ma costituisce un momento decisamente privilegiato nel quale proporre attività formative e ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è quello dell’animazione, ovvero quello del coinvolgimento diretto; è un metodo attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto e per la notevole carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice, dinamica e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale metodo si serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità. Molto spesso la ricchezza di una proposta educativa dipende in grande misura dalla varietà dei linguaggi attraverso i quali riesce a esprimersi. L’utilizzo di più linguaggi può permettere un’assimilazione dei contenuti più precisa e profonda, oltre che dare la possibilità a ciascuno di esprimersi a partire dalle proprie inclinazioni naturali. L’oratorio assume volentieri i linguaggi del mondo giovanile contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa riconoscere la propria lingua. In particolare sceglierà di servirsi dei linguaggi del gioco libero e creativo, dello sport spontaneo e organizzato, della musica, della narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative riconosciute, apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi, merita certamente una menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente digitale.
21. L’oratorio come laboratorio culturale
 La testimonianza appassionata di tante persone racconta delle molteplici e variegate esperienze vissute in oratorio e di come attraverso di esse sono cresciute e hanno acquisito valori civili ed ecclesiali, sensibilità e atteggiamenti, tradizioni e abitudini, criteri e capacità di valutazione: pur nella diversità delle sue realizzazioni, nei tempi, negli spazi e nelle modalità, l’oratorio si offre come un laboratorio in cui si produce cultura. Certamente il suo ambito di azione e le sue modalità ordinarie non lo inducono a forme culturali di tipo accademico, anche se non mancano, tra le attività proposte dagli oratori, convegni, giornate di studio, dibattiti, aggiornamenti, specialmente in ambito educativo. Nel contesto della direzione indicata anche dagli orientamenti pastorali per questo decennio, varrà la pena di investire tempo ed energie per partecipare anche al dibattito pubblico sui temi e i compiti educativi della società civile e della comunità ecclesiale.
 Tuttavia, non si può negare che l’oratorio svolga molte funzioni culturali, sia quanto a contenuti che a modalità: esso propone una visione di uomo e di donna in relazione con Dio, fa sperimentare una forma specifica di cittadinanza e di partecipazione responsabile, è una comunità in cui si fa esperienza di relazioni intergenerazionali e spesso anche interculturali, è uno spazio in cui ci si confronta con le sfide sociali provocate dalla crisi economica e dal degrado socio-culturale.
  A questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono le diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si possono riscontrare nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano: incontri di gruppo, in cui sovente si affrontano temi e si attivano dinamiche proprie di una determinata età; scuola di formazione sociale e politica, per accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate sempre meno passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di rinnovamento culturale, innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di comunicazione e informazione (web e giornalini), con un’attenzione speciale ai new media e ai social network, che tanto peso hanno oggi nel prolungare e allo stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di accoglienza e scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e solidale”, iniziative di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema del rispetto dell’ambiente e molti altri ancora sono gli ambiti in cui l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone la propria sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e collaborazioni in questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e con le varie iniziative di solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.
TERZA PARTE
IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale dell’oratorio   
 L’oratorio è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce dall’amore della comunità ecclesiale per le nuove generazioni e, quindi, non può essere affidato ad altri soggetti, seppur competenti, che non abbiano le stesse finalità, perché quando viene meno una chiara appartenenza ecclesiale l’oratorio perde la sua identità. Quest’originaria e vitale appartenenza va declinata nelle diverse situazioni e nelle molteplici forme con cui la Chiesa è presente nel territorio. L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è espressa anzitutto a livello di Chiesa particolare attraverso la comunione con il Vescovo diocesano, il quale indica le principali linee educative e gli orientamenti pastorali, a cui devono riferirsi anche le realtà promosse da istituti religiosi o altri soggetti ecclesiali. Per favorire e incentivare un cammino educativo unitario può essere utile costituire un coordinamento diocesano.
  L’oratorio deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttiva collaborazione con tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. È fondamentale l’apporto dei consigli pastorali e delle consulte di pastorale giovanile, ai diversi livelli (parrocchiale, zonale, vicariale, diocesano) sia per l’elaborazione del progetto sia per la costante verifica dell’attività educativa dell’oratorio. Il progetto educativo, mentre evidenzia l’identità dell’oratorio, ne favorisce anche la crescita nella condivisione e nella sapiente regia, nella progettualità, nella responsabilità, nella operatività di tutti i soggetti e di tutte le persone coinvolte. Tale progetto deve essere largamente condiviso e verificato da tutti i soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori, giovani e famiglie. Tutto ciò richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità condivisa.
  La convergenza di tutti attorno al progetto educativo dell’oratorio potrà favorire anche la valorizzazione di una “ministerialità educativa” in grado di promuovere i carismi, valorizzare i talenti e mettere a frutto i doni suscitati dallo Spirito. Preziose sono le iniziative degli ordini religiosi e degli istituti di vita consacrata, così come il coinvolgimento delle aggregazioni laicali, soprattutto di quelle particolarmente contrassegnate da un carattere educativo. Interpreti fondamentali dell’identità ecclesiale dell’oratorio sono i responsabili e gli educatori. Chi assume il compito di educatore non può farlo semplicemente a titolo personale, ma deve sentirsi espressione della comunità: stimato e seguito, incoraggiato e sostenuto. Tale servizio, infatti, rappresenta una vera e propria chiamata: è una vocazione che ha bisogno del discernimento e del dovuto accompagnamento formativo.
  Il coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti, delle strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la sua capacità di essere di richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche dalla collaborazione dei vari membri della comunità che a diverso titolo e in molte forme possono contribuire al buon andamento dell’esperienza. L’oratorio può trarre notevoli vantaggi da una precisa e organica strutturazione delle collaborazioni che, evitando sovrapposizioni e invadenze, favorisca il coinvolgimento di tutti con un senso profondo di comunione e di partecipazione alla sfida educativa. Anche gli ammalati con il loro silenzioso apostolato contribuiscono non poco al bene dell’oratorio: preziosa è la sofferenza donata, testimoniata e vissuta con i figli nell’amore.
23. Formazione e profilo delle figure educative  
  Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative. Centrale è la figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: San Filippo era chiamato padre nell’accezione più intensa dai giovani romani che frequentavano l’oratorio per gli eccezionali sentimenti di paternità con lui sperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un ambiente di famiglia sotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe dire delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o delle Figlie di Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano quasi interamente dediti all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura nella stessa struttura oratoriana e assumendone la responsabilità educativa e gestionale.
  Ancor oggi il più grande patrimonio dei nostri oratori è rappresentato dalle decine di migliaia di educatori, formatori, animatori e collaboratori che prestano un generoso servizio, donando tempo e competenze. Tutti possono fare qualcosa per il proprio oratorio, ma secondo i ruoli e le responsabilità non potrà mancare una specifica e adeguata formazione. La disponibilità da sola non basta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un attento cammino di formazione pensato e progettato insieme nei luoghi e nelle forme più appropriate. Perciò tutti, parrocchie, istituti di vita consacrata, aggregazioni laicali con un carisma educativo devono sentire forte la necessità di camminare insieme e stringere alleanze educative per il servizio da offrire a supporto dei singoli oratori.
  In ogni oratorio si porrà poi la dovuta attenzione affinché la gestione delle attività non diventi mai prevalente rispetto al fine educativo. Al di sopra del fare e dell’organizzare dovrà essere sempre salvaguardata la relazione, la condivisione dei programmi, la comunione d’intenti, considerando i ragazzi mai come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti della loro crescita. Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi per la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario che periodicamente ci si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il lavoro svolto. La formazione andrà pensata anche in base al ruolo che ciascuno ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa, in un quadro di comunione e condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle responsabilità. In considerazione dello sviluppo che gli oratori stanno registrando su tutto il territorio nazionale, si dovranno sempre più prevedere e organizzare momenti qualificati di formazione a livello parrocchiale, diocesano, interdiocesano, regionale e nazionale, anche con il supporto di centri universitari specializzati, facoltà e istituti teologici, istituti superiori di scienze religiose.
  All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in un tempo in cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterla garantire a tempo pieno. Pure laddove non si può beneficiare di una presenza assidua non potrà mancare una figura sacerdotale di riferimento, specie per gli aspetti spirituali e formativi. Peraltro questa presenza non deve essere relegata solo ai giovani sacerdoti: l’esperienza insegna che l’efficacia educativa non coincide con la vicinanza generazionale fra educatori e ragazzi, anche se questo aspetto a volte può avere un suo valore. È sempre più necessario che i sacerdoti stiano in oratorio più per gli aspetti religiosi che per quelli organizzativi, per favorire un autentico clima di scambio, di conoscenza, di stima e per offrire un accompagnamento umano e spirituale ai ragazzi e agli educatori. Vedere un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice della propria scelta è un segno forte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete e affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande dono. Essi, con la professione dei consigli evangelici, danno concreta testimonianza di un amore libero e disinteressato che si fa carico, in particolare, dei più poveri, deboli e indifesi. Tra tutte le presenze non deve essere assolutamente trascurata quella degli stessi giovani adulti, il cui protagonismo deve essere sostenuto e orientato al servizio.
   La necessità di avere in oratorio figure stabili di riferimento è indiscutibile: tradizionalmente essa è individuata nel direttore, coordinatore o responsabile dell’oratorio, ma in alcuni grandi oratori operano stabilmente diversi educatori. I ruoli di responsabilità, in passato, venivano svolti per lo più da sacerdoti o religiosi/religiose. Oggi, sempre più spesso, tale compito viene affidato a dei laici preparati. Al di là delle tradizioni e delle odierne situazioni, chiunque, su mandato ecclesiale, ne assuma la responsabilità deve operare perché l’oratorio “funzioni bene”, coordinando le varie attività, operando nell’ottica evangelica e vocazionale, garantendo la cura delle relazioni interpersonali, lo stile dell’accoglienza e la qualità educativa dell’ambiente. Il responsabile è chiamato a favorire un positivo e armonico intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone doti di coordinamento e una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a titolo personale e per questo riceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne certifica la formazione e ne determina la funzione.
  La questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabile deve essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è sempre bene promuovere la gratuità e il volontariato, anche per una chiara scelta educativa, senza però che questo pregiudichi la qualità della proposta. Quando l’impegno richiesto e il mandato affidato assumono carattere di prolungata stabilità ed implicano alta professionalità, non sempre possono essere ricondotti ad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere molteplici e vanno individuate in base alle situazioni concrete, alle esperienze e alle determinazioni dell’autorità ecclesiastica. In ogni caso occorre tener presenti alcuni criteri: l’appartenenza e la dedizione ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con la morale cattolica, le competenze e la professionalità, il livello di responsabilità e l’impegno richiesto, il senso della giustizia, la sostenibilità dell’onere da parte della comunità o dell’ente titolare dell’oratorio.
24. Attività sportive, artistiche e culturali  
  Nell’oratorio convergono una molteplicità di percorsi e di linguaggi, un variegato insieme di proposte culturali e sportive, una ricca offerta formativa. La bellezza dell’oratorio e la sua forza di attrazione verso i ragazzi e i giovani dipendono anche da questa molteplicità di offerte in un quadro di proposta educativa integrata e sinergica.
  Tra le proposte più consolidate e diffuse c’è l’attività sportiva. Lo sport in oratorio è un dono per tutti a patto che si rispettino alcune caratteristiche proprie della natura educativa di questo ambiente: lo sport come gioco e divertimento che viene prima della competizione; la possibilità di un esercizio dello sport aperto a tutti, senza discriminazioni di alcun tipo; la diversificazione della pratica sportiva per evitare una assolutizzazione di alcuni sport; la presenza di educatori sportivi che vivano autenticamente l’appartenenza all’oratorio; un progetto sullo sport dichiaratamente educativo, che sia stimolo anche al di fuori dall’ambiente oratoriano.
  La presenza sul territorio nazionale di associazioni cattoliche che operano per la promozione e l’organizzazione dell’ambito sportivo – prima fra tutte per la sua storia e la sua presenza capillare il Centro Sportivo Italiano – è di grande aiuto per gli oratori. Ad esse viene richiesto non solo di collaborare nell’ambito delle attività sportive, ma di integrarsi pienamente nella vita dell’oratorio assumendone fino in fondo le finalità educative. Deve essere pertanto incentivato il collegamento fra di esse e le strutture di coordinamento degli oratori al fine di creare maggiori sinergie e unità di intenti a beneficio dei ragazzi e dei giovani.
   L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della loro espressività rende l’oratorio a misura dei più giovani, lo fa sentire familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le numerose manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti elementi che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché favoriscono una presenza attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le varie attività proposte assumono così una valenza culturale, oltre che educativa.
  Una forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una significativa educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della fede, che non è tale se non genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi, contribuisce all’attuazione di quel progetto culturale che dalla metà degli anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro Paese. La dimensione culturale delle attività educative, oltre al valore intrinseco e al beneficio che apporta alla crescita dei ragazzi e dei giovani, può diventare ulteriore motivo di coinvolgimento delle famiglie e della comunità. L’oratorio, con le sue attività culturali, diviene così protagonista della vita spirituale e sociale della comunità. All’interno di un’autentica rete educativa tali attività possono risultare strategiche anche per dialogare con il mondo scolastico o con altri circuiti culturali presenti nel territorio.
25. Sfide antiche e nuove: emarginazione e interculturalità  
 Fin dalle sue origini l’oratorio, nelle varie situazioni e tradizioni, ha posto attenzione alle necessità e alle povertà delle nuove generazioni. In modo particolare don Bosco, con la sua sensibilità per l’abbandono in cui versavano masse di ragazzi, si fece carico della loro formazione e istruzione, non solo religiosa: la nascita di scuole e collegi manifestò come il Vangelo non potesse limitarsi al catechismo, ma chiedesse, in quel contesto, un’attenzione nuova e diversa. Oggi occorre prendere atto che molti oratori faticano a perseverare in questa medesima apertura, per la complessità delle sfide culturali sociali che li coinvolge. In altri quartieri o paesi, invece, l’oratorio resta l’unico vero punto di riferimento ecclesiale e sociale, non di rado capace di denuncia e di rottura rispetto a ingiustizie e degrado. Purtroppo non sono poche, anche tra i più giovani, le situazioni in cui il disagio scivola in comportamenti a rischio fino alla dipendenza da alcol e droghe. Gli oratori, se per loro natura non sono presidi per il contrasto al disagio sociale, possono però fare molto in termini di prevenzione e di sostegno ai ragazzi e ai giovani in difficoltà. Occorre per questo che, oltre ad offrire luoghi protetti e sicuri, sappiano “stare anche sulla strada” per cercare e per accogliere i soggetti più feriti e bisognosi.
  Di fronte alla sfida dell’interculturalità, inoltre, gli oratori rappresentano oggi uno dei luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati. Sono gli stessi ragazzi, messi nella condizione di confrontarsi con i coetanei di altre nazionalità e di altre religioni, che aiutano le nostre comunità a crescere nella dimensione dell’apertura, della cordiale convivenza e della testimonianza della fede. Il linguaggio dell’accoglienza fa già parte, di fatto, del patrimonio e della sensibilità educativa dell’oratorio. Tale contesto può favorire un confronto, anche per superare una certa indifferenza diffusa, rispetto alle questioni più profonde dell’identità, compresa quella religiosa.
  Pur nel rispetto di tutte le provenienze e sensibilità religiose è da escludere che, all’interno degli oratori, siano ospitati momenti di culto pubblico di altre religioni. L’oratorio rimane espressione della comunità cristiana e questa natura non può essere mai negata o offuscata. All’interno delle attività dell’oratorio, che pur contemplano l’accoglienza di ragazzi di altre religioni e tradizioni, non si potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione cristiana, alla dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio evangelico a tutti. Il rispetto della sensibilità dei ragazzi e dei giovani di altre religioni richiede che la partecipazione ai momenti più tipicamente religiosi non sia obbligatoria. Appare comunque fondamentale offrire a tutti la possibilità di comprendere la tradizione cattolica, i contenuti della fede e delle espressioni spirituali. Una tale conoscenza li aiuterà a integrarsi meglio con i loro compagni e nell’ambiente oratoriano in cui si trovano a vivere.
26. Al passo con le nuove generazioni dei “nativi digitali”
  Trovandosi a diretto contatto con il mondo dei ragazzi, in continua e veloce evoluzione, l’oratorio deve affrontare situazioni sempre nuove e inedite. L’attuale mondo giovanile viene giustamente segnalato come il primo abitato dai cosiddetti “nativi digitali”. L’oratorio non si può sottrarre al confronto con questo nuovo contesto esistenziale dei ragazzi e dei giovani. Può farlo assumendo le possibilità delle nuove tecnologie digitali con intelligenza e prudente innovazione, abitando con naturalezza questi stessi mondi e “facendo oratorio” anche dentro queste nuove tecnologie, privilegiando elementi come il confronto, la relazione, l’informazione, la vicinanza, la circolazione delle idee, il protagonismo dei ragazzi, le nuove abilità che hanno sviluppato in termini relazionali e di apprendimento. Nello stesso tempo l’oratorio garantisce ai ragazzi uno spazio reale di confronto con il virtuale per capirne profondamente potenzialità e limiti. In un tempo in cui la realtà rischia di diventare sempre più liquida e priva di peso specifico, l’oratorio offre un’appartenenza reale, concreta, con obiettivi da raggiungere insieme attraverso esperienze dirette che permettono di misurarsi con se stessi e di percepire la proposta bella e affascinante della vita buona del Vangelo.
  L’oratorio può quindi contribuire ad attuare concretamente alcune indicazioni degli orientamenti pastorali del decennio, quando invitano a porre particolare attenzione al rapporto tra nuove tecnologie e sfida educativa: «Il loro ruolo nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico. Un obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso… Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette… L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa»(38).
27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti  
  Le attività dell’oratorio si svolgono in ambienti e strutture di vario genere: pertinenze dell’edificio di culto, sale della comunità, saloni, spazi musicali, biblioteche, campi sportivi, parchi, tanto per citare quelli più comuni. A volte si tratta di spazi limitati, altre volte di complessi e strutture di notevole estensione. Anche le attività educative esercitate al suo interno si configurano in diversi modi: spontanee, organizzate, servizi alla persona, incontri, percorsi. Alcune attività possono svolgersi in collaborazione con realtà diverse: associazioni sportive e di oratorio, gruppi, enti di vario genere, associazioni culturali… In questi casi deve essere chiara e fatta sempre salva la responsabilità ultima dell’ente ecclesiale titolare dell’oratorio. È bene che tali collaborazioni siano definite con cura, se necessario, anche dal punto di vista giuridico con convenzioni e specifici accordi. La gestione di un oratorio, quindi, dal punto di vista amministrativo, può essere molto complessa e per alcuni aspetti anche in continua evoluzione. Il rispetto delle leggi e delle norme relative a tali attività è parte integrante della proposta educativa di un oratorio. Vanno evitate forme di spontaneismo e di improvvisazione garantendo all’oratorio una precisa configurazione giuridica e organizzativa. Ogni oratorio, a seconda della sua concreta strutturazione, deciderà come organizzarsi rispetto alla gestione amministrativa, nel rispetto della normativa canonica e civile. È importante, comunque, mantenere sempre il riferimento diretto alla comunità ecclesiale, relazionando periodicamente, nelle sedi opportune, sulla conduzione economica dell’oratorio e condividendo con le autorità ecclesiastiche preposte anche le fondamentali scelte di carattere giuridico e amministrativo.
   Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli enti pubblici si è molto evoluto. Si registra un crescente interesse da parte delle istituzioni pubbliche che a diversi livelli hanno anche legiferato e promosso azioni amministrative a sostegno degli oratori. Negli ultimi anni l’oratorio ha ottenuto ampi riconoscimenti della propria funzione sociale ed educativa, ad ogni livello, nazionale, regionale e locale. La realtà civile ha scoperto, e sempre più apprezza, l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al territorio con cui intessere patti educativi e creare servizi per le giovani generazioni e le famiglie.
   È importante che questi rapporti non pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e avvengano nel pieno rispetto del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà religiosa. Occorre pertanto vigilare affinché tali collaborazioni, di per sé positive e finalizzate al bene comune, non determinino vincoli o restrizioni alla libertà di indirizzo e di gestione educativa della comunità ecclesiale e non finiscano per generare improprie e inaccettabili commistioni. Nel futuro risulterà ancora più interessante allargare queste collaborazioni anche ad altri enti pubblici con cui, in questo momento, risulta più faticosa una collaborazione strutturata (mondo scolastico in primis), preferendo sempre di più, rispetto alle strutture, accordi che agevolino la creazione o il consolidamento di servizi educativi.
  Al fine di gestire in modo adeguato il rapporto con gli enti pubblici è necessario avere qualificati supporti dal punto di vista amministrativo e giuridico. In ambito nazionale tale esigenza è realizzata dalla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso gli uffici competenti, i quali si avvalgono anche delle attività del Forum degli Oratori Italiani (FOI), costituito dagli organismi di coordinamento regionale, dalle associazioni ecclesiali di rilevanza nazionale e dagli istituti di vita consacrata che riconoscono l’oratorio quale ambito di pastorale dell’età evolutiva e giovanile. A livello regionale è bene che il soggetto di riferimento siano le rispettive Conferenze Episcopali. I coordinamenti diocesani sono poi importanti per seguire gli oratori presenti nel territorio, suggerendo e monitorando gli accordi con le amministrazioni locali, sempre nel rispetto delle reciproche autonomie, al fine di rendere concreto il comune interesse e la collaborazione per la crescita serena e positiva dei ragazzi e dei giovani.
  L’oratorio normalmente non ha personalità giuridica per cui gli accordi con gli enti pubblici vanno stipulati tramite i soggetti ecclesiali di riferimento. Essendo l’oratorio espressione della comunità ecclesiale, in genere della parrocchia, è bene che gli accordi con gli enti pubblici siano stipulati dall’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto di cui l’oratorio è espressione o da enti la cui responsabilità sia direttamente riconducibile all’autorità ecclesiastica, evitando che altri soggetti operino in nome e per conto dell’oratorio. Va sempre garantita la titolarità e la responsabilità ecclesiale della gestione dell’oratorio, soprattutto in presenza di accordi e convenzioni con enti pubblici e privati non ecclesiali, rispettando eventuali indicazioni dell’Ordinario in materia (39). La saggezza dell’esperienza suggerisce di stipulare accordi solo laddove esista, da parte dei rappresentanti dell’ente di riferimento, un pieno rispetto della natura e delle finalità proprie dell’oratorio e la condivisione delle modalità tipicamente ecclesiali di servizio al bene delle nuove generazioni.
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo
 Nella prima parte di questa Nota abbiamo visto come l’oratorio sia sorto per favorire l’educazione alla fede in modo adeguato alle diverse situazioni delle giovani generazioni. È evidente l’opera dello Spirito Santo che, unita alla disponibilità e genialità dei fondatori, ha dato vita ad una creativa risposta alle esigenze dei ragazzi e dei giovani. Questa opera continua e si rafforza a partire da queste solide radici. Nella cultura filippina, l’oratorio indicava inizialmente proprio l’incontro (domenicale o di tutte le sere della settimana) durante il quale si alternavano letture spirituali, sermoni (i cosiddetti ragionamenti sul libro) in un clima festoso e allietato da musica e canto. Strettamente legati alle scuole della Dottrina Cristiana, nate su iniziativa di Castellino da Castello (1480-1566) per un’istruzione e una catechesi di massa per tutti, gli oratori milanesi si strutturarono di fatto come vere e proprie scuole parrocchiali. E don Bosco, incontrando l’8 dicembre 1841 un giovane immigrato analfabeta, Bartolomeo Garelli, in quello che poi riconobbe come il momento scelto dalla Provvidenza per iniziare la sua opera, gli propose un “catechismo a parte”, un catechismo speciale per lui più conveniente.
   Questa convenienza educativa si è tradotta nel tempo in uno sviluppo sorprendente di tanti altri aspetti, che possono essere sintetizzati nella prospettiva pedagogica dell’educazione integrale. Infatti gli oratori sostengono e favoriscono il pieno sviluppo di tutte le dimensioni della persona, intellettive, affettive, relazionali e spirituali. In questa luce va considerata la convinta valorizzazione del gioco, della musica, del teatro, dello sport, della natura, del viaggio, della festa e, parimenti, la promozione della cultura, del volontariato, e della solidarietà. Forti di una consolidata tradizione, gli oratori devono oggi affrontare con coraggio, per un verso, il ripensamento della trasmissione della fede alle nuove generazioni nel contesto di sfida della nuova evangelizzazione e, dall’altro, l’assunzione dei nuovi linguaggi giovanili, così come dei rapidi cambiamenti dischiusi dall’avvento delle nuove tecnologie informatiche. Sempre più la riflessione pastorale intercetta la questione antropologica.
  Così gli oratori sono stati, lo sono ancora e speriamo che lo diventino sempre di più, dei veri e propri “laboratori educativi”. A questa consapevolezza vanno ricondotti tutti gli interventi a livello spirituale, sociale e culturale che vedono oggi impegnata la comunità ecclesiale sul fronte degli oratori. Se non risulta possibile definire un modello unitario e omogeneo degli oratori italiani, è comunque necessario e fecondo richiamarne sempre gli aspetti identitari più significativi, attingendoli dalla memoria delle diverse tradizioni e ponendoli in relazione con le molteplici configurazioni degli odierni oratori. Solo così sarà possibile affrontare le sfide educative dell’oratorio di oggi e di domani. Dalla memoria viva, attraverso l’impegno di discernimento su un presente drammatico e affascinante, è possibile riconoscere nel ripensamento e nel rilancio degli oratori una vera forza profetica a beneficio delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società.

NOTE:
1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani Dilecti amici, 31 marzo 1985, n. 1.
2 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, n. 42.
3 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota pastorale dell’Episcopato italiano, 30 maggio 2004, nn. 6-7.
4 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
5 Ib.
6 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 34.
7 Ib., n. 34.
8 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
9 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai giovani di Roma, 5 aprile 2001, n. 5.
10 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 32.
11 Cfr BENEDETTO XVI, Lettera alle diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008, n. 21.
12 Cfr PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 14.
13 Cfr Mt 16,15.
14 Cfr Mt 22,39.
15 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 1.

16 Cfr PRESIDENZA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare i giovani alla fede. Orientamenti emersi dalla XLV Assemblea Generale, 27 febbraio 1999.
17 BENEDETTO XVI, Incontro con i cresimandi e i cresimati della diocesi di Milano, 2 giugno 2012.
18 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Atti della 58 a Assemblea Generale, p. 109.
19 PAOLO VI, Messaggio ai giovani a chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965.
 20 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 35.
21 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 1.
22 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 42.
23 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.
24 BENEDETTO XVI, Incontro con le famiglie e con i sacerdoti ad Ancona, 11 settembre 2011.
25 «L’impegno della comunità, in particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per offrire alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri educatori, promuovere il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore casto e responsabile» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37).
26 Educare i giovani alla fede, n. 2.
27 Ib.
28 Cfr CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, Nota pastorale, 23 maggio 1999, n. 27.
29 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La catechesi e il catechismo dei giovani, 8 dicembre 1999, n. 1.
30 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, 3 dicembre 2007, n. 2.
31 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.
32 Cfr L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni.
33 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
34 Cfr Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.
35 Caritas in veritate, n. 53.
36 Dilecti amici, n. 3.
37 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.
38 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 51.
39 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Istruzione in materia amministrativa, 1° settembre 2005, nn. 10. 21.


INDICE
 INTRODUZIONE
 PRIMA PARTE: MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO
 1. Alle sorgenti dell’educazione
2. Una grande ricchezza di proposte
3. Per una memoria viva dell’oratorio
 4. Con la stessa passione dei grandi maestri dell’educazione
 5. Nel solco della tradizione con risposte nuove e creative
SECONDA PARTE: FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO
 I fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine dell’attività educativa
7. Con lo sguardo di Gesù verso le giovani generazioni
8. Il ruolo della comunità educativa
9. Una rinnovata collaborazione con la famiglia.
10. Nella prospettiva vocazionale
11. La formazione di cristiani maturi
12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile integrata
Le dinamiche e lo stile dell’oratorio
13. Luogo fecondo di evangelizzazione
14. Per una gioiosa trasmissione del Vangelo
15. Il primato della relazione
16. Un ambiente accogliente nella chiarezza delle proposte
17. Il progetto educativo dell’oratorio
18. Educare a un protagonismo responsabile
19. Alleanze feconde e diversificate
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo, tempi e linguaggi
21. L’oratorio come laboratorio culturale T
TERZA PARTE: IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale dell’oratorio
23. Formazione e profilo delle figure educative
24. Attività sportive, artistiche e culturali
25. Sfide antiche e nuove: emarginazione e interculturalità
26. Al passo con le nuove generazioni dei “nativi digitali”
27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo