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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente il secondo, il terzo e il quarto sabato del mese alle 17 e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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Il sito della parrocchia:

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giovedì 6 aprile 2017

Le riunioni del gruppo di Ac dedicate alle Beatitudini dei puri di cuore e dei poveri in spirito

Le riunioni del gruppo di Ac dedicate alle Beatitudini  dei  puri di cuore  e  dei poveri in spirito  

dal Vangelo Secondo Matteo, 5, 1-12

[1] Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 

[2] Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 

[3] "Beati i poveri in spirito, 
perché di essi è il regno dei cieli.
 

[4] Beati gli afflitti, 
perché saranno consolati. 

[5] Beati i miti, 
perché erediteranno la terra. 

[6] Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, 
perché saranno saziati. 

[7] Beati i misericordiosi, 
perché troveranno misericordia. 

[8] Beati i puri di cuore, 
perché vedranno Dio.
 

[9] Beati gli operatori di pace, 
perché saranno chiamati figli di Dio. 

[10] Beati i perseguitati per causa della giustizia, 
perché di essi è il regno dei cieli. 

[11] Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 

[12] Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. 

0. In preparazione alla Pasqua abbiamo dedicato alcune riunioni alle Beatitudini  della purezza di cuore  e della povertà in spirito,  il 14  e 22 febbraio e il 14 e il 21 marzo. L’assistente ecclesiastico ha sviluppato alcune riflessioni per chiarirci il significato biblico delle espressioni povertà in spirito e   purezza di cuore, in particolare nell’insegnamento evangelico.
Puri di cuore!
1.1 Da scout ci invitavano alla purezza,  che io associavo alla vita del cavalieri medievali. Baden Powell certamente la collegava alla pulizia  interiore ed esteriore, ma anche alla franchezza, lealtà, mancanza di doppiezza, assenza di riserve mentali. Da anziani spesso si riconosce di averla persa. In società si vivono infatti molte finzioni. E ciò anche se qualcuno riesce ancora a vantarsi di aver mantenuto  gli ideali di gioventù.  E questo  allora significa di non aver ceduto a compromessi con la propria coscienza. Ma che significa nell’insegnamento del Maestro? Egli ammaestrò in un contesto tanto lontano dal nostro. Era quello dell’antico ebraismo. Per cui per capire bene le sue parole  bisogna passare da quest’ultimo. E cosa che rientra nella complessa formazione dei nostri preti. E non sempre noi laici abbiamo la pazienza di seguirli quando cercano di spiegarci. Allora ci facciamo idee sbagliate e approssimative. Che c’entra, ad esempio, il cuore? Da giovani se ne ha una visione più aderente a quella degli antichi, ma non così da anziani. A quell’età siamo  in genere seguiti dal cardiologo e ormai sappiamo che cos’è realmente quest’organo così importante, per il quale ci sottoponiamo periodicamente a vari esami e prendiamo medicine appropriate, per far sì che pulsi a dovere. Una pompa,  in fin dei conti. E’ vitale, certo, ma che c’entra con lo spirito?
1.2  Nella Bibbia, ha detto l’assistente ecclesiastico, si parla di cuore  ( scritto לבב in ebraico, che si pronuncia levav; scritto καρδία, che si pronuncia kardìa,  nel greco evangelico) riferendolo quasi sempre a Dio e alla persona umana. Solo in pochissimi passi lo si riferisce ad animali. Il  cuore, nel linguaggio biblico, è il centro della decisione, dove la persona si unifica e decide. In sostanza ha la funzione che oggi attribuiamo cervello. Il cuore  è la persona stessa nel suo agire morale. Con tutto il cuore  la persona umana è in relazione con Dio: nel linguaggio biblico si parla di cuore ascoltante. Il cuore,  in questa prospettiva, è dove la persona umana ascolta la Parola  di Dio e dove avviene il combattimento interiore, per arrivare ad una scelta. Quindi il cuore è anche l’organo del cuore in cui, secondo il linguaggio biblico, avviene la conversione a Dio. Ecco perché nelle Beatitudini  è scritto che  i puri di cuore vedranno Dio. Il cuore puro, infatti, è un  cuore convertito.  E’ infatti il cuore puro  che attraverso il discernimento  attuato mediante l’ascolto di Dio porta alla conversione.
   L'Assistente ecclesiastico ha poi approfondito la spiegazione del significato della  beatitudine dei  puri di cuore consistente nel vedere Dio.
  Sono state proiettate alcune sequenze del film  Marcellino pane e vino, nelle quali un bimbo accolto in un convento di frati parla con il Gesù di un crocifisso, che scende dalla croce per mangiare e bere il pane  e il vino portatogli da Marcellino.  I bimbi hanno gli occhi e il cuore puri e possono vedere Dio. E’ stato ricordato l’episodio evangelico in cui Gesù  disse di lasciare che i bambini venissero a lui e che se non si diventa come bambini non si entrerà nel Regno dei Cieli.
L’assistente ecclesiastico  ha poi utilizzato, per spiegare la beatitudine, l’episodio evangelico dell’unzione di Betania, nel Vangelo di Matteo 26, 1-13:
[1] Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: 
[2] "Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso". 
[3] Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, [4] e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire. 
[5] Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo". 
[6] Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, [7] gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa. 
[8] I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?
[9] Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".
[10] Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me. 
[11] I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.
[12] Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.
[13] In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei". 
 La purezza di cuore della beatitudine  non riguarda fatti rituali, non è  una purezza rituale, ma riguarda l’interiorità della persona, il centro della persona nel suo agire morale. Attraverso il cuore  si vede Dio, vale a dire si comprende il suo messaggio, la sua volontà e chi è veramente Gesù.

 Ci è stato proposto il mosaico di padre  Marko Ivan Rupnik Lutvik che raffigura l’episodio.  

L’unzione di Betania - mosaico dell’artista  gesuita padre Marko Ivan Rupnik

  Gesù vi è rappresentato seduto in trono con una stola che rappresenta il sacerdozio. La donna versa sul capo di Gesù l’olio profumato e ha un asciugamano che arriva fino ai piedi di Gesù, richiamando l’episodio della lavanda dei piedi e quindi il dono di sé nel servizio. Tiene una mano sul cuore, perché è col cuore che capisce chi è Gesù.
Come erano i cuori dei protagonisti dell’episodio intorno a Gesù?
 I cuori dei sacerdoti e degli anziani: si mettono insieme per far morire Gesù. Vedono in lui  l’avversario da far fuori, non il messaggio di Dio che giunge loro attraverso Gesù. Hanno cuori impuri perché centrati su sé stessi.
 I cuori dei discepoli: i discepoli si sdegnarono al gesto della donna, anche loro avevano cuori impuri, perché non andavano oltre le proprie esigenze e non capivano che la donna aveva agito in quel modo perché aveva compreso Gesù.
 La donna, raffigurata da padre Lutvik con una mano sul cuore, ha invece un cuore puro, con il quale ha capito tutto. Il suo gesto di versare l’unguento su Gesù è un’anticipazione: Gesù si sta preparando a donare tutta la sua vita per la nostra salvezza; vede in Gesù il Messia, il Salvatore, e comprende il senso della sua missione. La donna ha un cuore  puro nel senso di  convertito. In lei l’umanità non è una barriera all’incontro con Dio. Solo con uno sguardo puro  è possibile riconoscere Gesù nei fratelli e nei segni della storia.
Poveri in spirito!
2.1  Per l’altra Beatitudine, quella dei poveri in spirito,  siamo partiti dal riflettere sulla povertà.
  Nel 2000, gli stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si proposero, con una  Dichiarazione di fine millennio,  otto obiettivi da raggiungere entro quindic anni:
1.   - sradicare la povertà estrema e la fame nel mondo;
2.   - rendere universale l'istruzione primaria;
3.   - promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne;
4.   - ridurre la mortalità infantile;
5.   - ridurre la mortalità materna;
6.   - combattere l'HIV/AIDS, la malaria e altre malattie;
7.   - garantire la sostenibilità ambientale;
8.   - sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo.
  Sono stati ottenuti risultati importanti.
  La denutrizione si è ridotta dal 23,3% al 12,9%;
  la povertà estrema si è ridotta dal 47% al 14% (da un miliardo e novecentomila persone a ottocentotrentaseimila);
  la mortalità infantile si è ridotta al 91 per mille al 43 per mille.
  Nel 2014 il Papa ci ha esortati ad un conversione verso i poveri, per venire incontro alla loro necessità materiali e spirituali.
 La Costituzione italiana impegna le istituzioni pubbliche, e innanzi tutto lo Stato, a promuovere l’uguaglianza sostanziale delle persone, vale a dire a rimuovere ciò che le ostacola  nel loro pieno sviluppo e nell’effettiva partecipazione all’organizzazinoe politica, economica e sociale. Nella stessa linea è la Costituzione sociale  dell’Unione Europea, contenuta nella Carta di Nizza, che, con il Trattato di Lisbona, nel 2009 è divenuta legge vigente negli stati dell’Unione.
 L’Italia ha recentemente approvato una legge contro la povertà e per favorire l’inclusione sociale che va in quella direzione. Si vuole gradualmente raggiungere, attraverso un programma pluriennale tutti i poveri, a cominciare da quelli in condizione di povertà assoluta, impossibilitati ad acquisire beni o servizi indispensabili, e poi dai lavoratori disoccupati, dagli anziani, , dalle donne incinte, per far loro vivere una vita dignitosa. Si vuole promuovere i reinserimento dei nuclei familiari nella società civile attraverso un progetto personalizzato per uscire dall’esclusione  sociale, in particolare mediante l’educazione e l’inserimento nel mondo del lavoro . E’ previsto un reddito di inclusione sociale, che verrà attuato da successive norme di legge la cui approvazione è  stata delegata al Governo.  L’Italia è l’ultimo stato dell’Unione Europea ad aver approvato queste misure.
2.2 Ma chi è il povero in spirito  del Discorso della Montagna? Nell’ebraico biblico il povero è l’ ‘anawim, parola che deriva da anah  che significa andare  giù: l’ ‘anawim  è quindi il povero oppresso, umiliato, piegato a un’inferiorità sociale, ma anche fisica. Egli ha Dio come difensore: Dio lo ascolta e va in suo aiuto; questo dà una connotazione religiosa alla povertà.  E’ una povertà che significava anche essere fragili  e senza importanza, ed anche  oppresso dai ricchi, soprattutto dai proprietari terrieri dell’epoca.  E’ una povertà che è anche definita dalla parola ebraica ebyon, che significa  bisognoso, sfruttato in senso economico. Gli antichi profeti si scagliarono contro i soprusi verso i poveri; furono molto duri con chi opprimeva i poveri. Nello stesso tempo prefigurarono la speranza di tempi nuovi, in cui tale oppressione fosse eliminata. Nella Legge, la Torà,  si tutela chi è povero in senso economico, con periodici condoni  nei giubilei. Era prescritto di fermare lo sfruttamento della terra nel settimo anno, in modo che i bisognosi potessero coltivarla gratuitamente.
  Nel libro biblico della Sapienza, nell’Antico Testamento, si propone una forte contrapposizione tra ricchezza e povertà. Si criticano i ricchi che arricchiscono senza tener conto dei poveri. Si insegna che Dio difense il povero e che quest’ultimo può contare sul suo aiuto e la sua misericordia.  Anche nel più antico libro biblico, quello dell’Esodo, nell’Antico Testamento, è scritto che Dio viene in soccorso delle vedove e deli orfani, vale a dire di poveri in senso economico e sociale.
  Gesù promette il Regno a chi è nel bisogno, e non solo in senso economico ma anche sociale, quindi anche ai disprezzati, ai malati  ai soli. Tuttavia egli non sacralizza la condizione sociale della povertà. Nel suo insegnamento il povero è visto come una persona che vuole migliorare e liberarsi dalla povertà. Proclama Beati  coloro che sono curvi davanti a Dio  in attesa di soccorso, coloro che si riconoscono in stato di povertà esistenziale, quindi in senso morale, spirituale: si tratta di povertà metaforica  (metafora=similitudine è una povertà come condizione spirituale simile a quella che vive chi  è anche povero in senso materiale),  di chi vive riconoscendosi in una condizione precaria in cui dipende in tutto da Dio e non da sé stesso. Nel greco evangelico si utilizza, per indicare il povero, la parola ptòchos, che definisce color che non hanno famiglia, lavoro stabile, onore, i miseri, le prostitute,  i ladri, i mendicanti,  coloro che vivono di ciò che gli danno gli altri. Si tratta di una condizione non scelta, ma in cui ci si è trovati nella via. Per paradosso, questi poveri, nel senso di ptòchos, sono  beati, vale a dire  onorabili, degni di onore non solo felici, degni agli occhi di Dio.  Nel greco evangelico, in termine dell’ebraico antico ‘anawim  (curvo di fronte a Dio), si traduce con ptòchos: si tratta dei poveri di Dio,  i quali diventano automaticamente cittadini del Regno. Essi decidono di affidare la loro vita alla cura di Dio, di mettersi totalmente nelle sue mani. Prendono la decisione di mostrare la propria debolezza di fronte a Dio: nessuno infatti può darsi da sé la felicità. In questo modo si riconosce il valore che Dio ci dà nella nostra miseria,  in ciò che già ora siamo. Questo cambia il rapporto con gli altri: tutti siamo feriti, ma amati da Dio. Non è facile accostarsi ai poveri e alla loro povertà: occorre riconoscere la comune povertà.
 L’assistente ecclesiastico, a questo punto, ci ha proposto di riflettere su questo brano dell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo, del 2013, di papa Francesco:

[196-199]
196. A volte siamo duri di cuore e di mente, ci dimentichiamo, ci divertiamo, ci estasiamo con le immense possibilità di consumo e di distrazione che offre questa società. Così si produce una specie di alienazione che ci colpisce tutti, poiché «è alienata una società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questa donazione e la formazione di quella solidarietà interumana».
Il posto privilegiato dei poveri nel Popolo di Dio
197. Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è giunta a noi attraverso il “” di una umile ragazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero. Il Salvatore è nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di semplici lavoratori e ha lavorato con le sue mani per guadagnarsi il pane. Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).
198. Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima misericordia». Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Fil 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una «forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa». Questa opzione – insegnava Benedetto XVI – «è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà». Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro.
199. Il nostro impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza; quello che lo Spirito mette in moto non è un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro «considerandolo come un’unica cosa con se stesso». Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effettivamente il suo bene. Questo implica apprezzare il povero nella sua bontà propria, col suo modo di essere, con la sua cultura, con il suo modo di vivere la fede. L’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di servire l’altro non per necessità o vanità, ma perché è bello, al di là delle apparenze. «Dall’amore per cui a uno è gradita l’altra persona dipende il fatto che le dia qualcosa gratuitamente». Il povero, quando è amato, «è considerato di grande valore», e questo differenzia l’autentica opzione per i poveri da qualsiasi ideologia, da qualunque intento di utilizzare i poveri al servizio di interessi personali o politici. Solo a partire da questa vicinanza reale e cordiale possiamo accompagnarli adeguatamente nel loro cammino di liberazione. Soltanto questo renderà possibile che «i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”. Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno?».  Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone».

 L’esortazione apostolica La gioia del Vangelo, ha concluso l’assistente ecclesiastico, sostiene che  i poveri hanno qualcosa da insegnarci e ci vinta a farci evangelizzare da loro, per essere come loro davanti a Dio, per avere valore davanti a lui.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.